Un itinerario dedicato alla storia degli Hirpini, popolo divenuto leggendario per coraggio e audacia. E’ il volume “Hirpini. Le genti del lupo”, edito da Delta 3, curato da Romualdo Marandino, dirigente scolastico e studioso raffinato, che sarà presentato il primo marzo, alle 17, presso l’auditorium del Museo Irpino. A portare i propri saluti l’assessore regionale al turismo Felice Casucci, il presidente della Provincia Rizieri Buonopane e Silvio Sallicandro di Delta 3. A offrire il proprio confributo al confronto gli autori Milena Saponara che relazionerà su ‘La preistoria irpina”, Flavio Castaldo si soffermerà su “L’Irpinia dall’età del ferro alla battaglia di Cuma”, Pierina De Simone analizzerà “Le necropoli di Carife e Castel Baronia”, Nicola Trunfio analizzerà “La lingua, religione e religiosità degli antichi Hripini”, Luigi Lariccia si soffermerà sui rapporti con le altre etnie, Giovanni Ferrante ricostruirà i complessi rapporti con Roma. Le conclusioni saranno affidate al curatore Romualdo Marandino. Lo studio di Marandino ricostruisce le origini degli Hirpini, tribù sannitiche che occuparono la regione tra il fiume Sabato, il Calore e l’Ofanto. Uno studio che si sofferma, poi, sulle caratteristiche storiche, politiche, culturali, sociali e sulla rete di relazioni e di scambi che seppero stabilire con i popoli di altre zone della penisola.
Il nome degli Hirpini deriva da hirpus («lupo»), animale sacro a Marte, sotto la cui guida sarebbero immigrati nelle sedi d’Italia. Dopo la sconfitta della lega sannitica (286 a.C.), gli I. furono separati dalle altre stirpi sannitiche dislocate più a nord mediante la colonia dedotta a Benevento (268 a.C.): da allora formarono nell’Italia romana un’unità etnica territorialmente distinta. Nella seconda guerra punica parteggiarono per Annibale e nel 209 a.C. furono sottomessi da Roma. Primi a ribellarsi nella guerra sociale (90 a.C.), furono sconfitti da Silla.
E’ Rizieri Buonopane a sottolineare come “Il presente volume ha il pregio di essere la prima pubblicazione scientifica interamente dedicata a quest’antica popolazione italica di stirpe sannitica, facendo luce su molteplici aspetti della vita quotidiana, della loro storia, della loro religione e della loro civiltà. Nessuna ricerca storica, nessun saggio aveva mai provato, fino ad ora, ad addentrarsi così dettagliatamente nei particolari distintivi dell’antica civiltà preromana da cui discendiamo. Il termine di confine di questo validissimo studio è appunto segnato dalla conquista romana”
“Quale fosse esattamente il rapporto fra gli Irpini e i Sanniti – scrive Marandino nell’introduzione – è ancora una questione storico-filologica ampiamente dibattuta ed estremamente complessa. Il suo nucleo problematico emerge per intero dalla breve nota che Strabone dedica appunto agli Irpini a chiusura della trattazione sui Sanniti: Vengono poi gli Irpini, anch’essi Sanniti; derivano il loro nome da quello di un lupo che conduceva la colonia: i Sanniti chiamano hirpos il lupo. Essi confinano con i Lucani dell’entroterra. Siccome le fonti del geografo greco sulle popolazioni stanziate in Italié sono antiche e autorevoli (Ecateo, Ippi di Reggio, Antioco di Siracusa e Timeo di Tauromenio, certamente; Filisto di Siracusa, Scilace di Carianda e Teopompo di Chio, probabilmente), non c’è ragione di dubitare delle poche ma rilevanti notizie da lui fornite. Per tanto, secondo Strabone, gli antichi Irpini appartenevano, anch’essi, alla potente e bellicosa stirpe dei Samnites, e come tali verosimilmente essi si consideravano. La loro appartenenza all’etnia sabellica, per altro, non venne mai messa in dubbio né dagli storici né dagli eruditi romani, e trova riscontro anche nelle scoperte archeologiche dell’ultimo cinquantennio. Su questa stessa linea si muovono i più recenti e qualificati studi, in particolare quelli del Salmon, della Regina e del Tagliamonte. Anche gli studiosi meno recenti non hanno mai dubitato del loro legame con i Sanniti. Perché, allora, a differenza di altre tribù, anch’esse sicuramente sannitiche (Caudini, Carecini e Pentri), che non risultano oggetto di presentazioni particolari, Strabone ritenne necessario parlarne a parte, fornendo due importanti dati distintivi: l’animale-totem e il territorio da essi occupato?”.
Marandino cerca di rispondere a questo interrogativo, ponendo in evidenza come “Benché, dunque, spesso genericamente inclusi tra le popolazioni sannitiche , essi però “compaiono come entità separata dal Sannio durante la guerra annibalica, quando si schierano, a differenza dei Pentri, dalla parte dei Cartaginesi” . Da allora il territorio da essi occupato venne normalmente detto ager Hirpinus, e la loro entità politica, come anche quella dei Caudini, chiaramente distinta da quella dei Sanniti”. Per ribadire che “Etnicamente gli Irpini erano anch’essi Sanniti, ma avendo occupato e organizzato autonomamente un loro territorio, inconfondibile con quello della madrepatria, di fatto avevano assunto una loro specifica identità”. Un’identità che si definirà anche attraverso i contatti con la Magna Grecia e le popolazioni insediate nell’area apula. L’autore ricorda, inoltre, come “non si sia mai parlato di uno stato unico dei Sanniti, anzi si propende quasi unanimemente a ritenere che anche ogni singola tribù si costituisse di aggregazioni autonome anche piccolissime, fra loro federate”.
“Dalle scarse e imprecise informazioni che abbiamo – chiarisce Marandino – è difficile disegnare una mappa diacronica dei tratti etologici degli Irpini. I reperti archeologici oggi sono alquanto consistenti, ma ne possono rivelare quelli più propriamente materiali, fornendo solo pochissimi indizi per quelli dell’immaginario, che poi di fatto influenza in misura rilevante la dimensione materiale. Non c’è dubbio che ancor oggi il santuario ansantino di Mephitis costituisce il palinsesto più ricco e significativo. Su di esso esiste una ricca e qualificata letteratura, di cui in nota riporto le opere più originali e scientificamente valide. Ma tale stipe votiva non esaurisce in pieno i tratti di una civiltà. Non si possono evidenziare se non molto sommariamente, ad esempio, le strutture sociali, quelle religiose e quelle economico-produttive, men che meno quelle più strettamente ideologiche, mentre per le politiche ricorriamo per analogia generale a quelle sannitiche, mentre sappiamo che spesso un certo modello politico presenta applicazioni locali talora alquanto differenziate”.
L’obiettivo è quello di fare sì che “attraverso un’organica ricostruzione delle proprie radici gli Irpini possano sopravvivere come identità in un mondo ormai globalizzato, che spesso distrugge le identità e facilmente omologa, e costruire un futuro solido e migliore, sulla scia dell’assioma calviniano non dimenticare il passato per non dimenticare il futuro”.