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Governo Bis? La parola magica è “moratoria” 

Nel convulso clima politico da “allerta permanente”, in cui ci ha cacciato questo governo, è sfuggita l’importanza di una notizia da attenta riflessione per gli scenari futuri.
Si tratta di quella, messa in giro in maniera molto soft, una quindicina di giorni fa, da Lega e M5s, finalizzata a far sapere che la scadenza del loro contratto di governo avverrà dopo il voto delle Europee. Che significa tutto questo? Che ciascuno dei due “contrattisti” di governo, avendo resa nota una scadenza mai evocata prima, può, sin d’ora, salire sul proprio palchetto elettorale, dire ciò che vuole senza suscitare scandalo nella imbarazzante posizione di essere alleato al governo e avversario in piazza. Un modo furbesco di “auto proteggersi”, lasciando intendere che il contratto, come ogni contratto, possa essere rinnovato, riscritto o definitivamente cancellato. Quanto agli scenari possibili del dopo voto, qualora la Lega dovesse vincere – i sondaggi di oggi la premiano, mentre il M5S accusa un rilevante calo -, non tutto filerà liscio per la sua glorificazione. Salvini ha l’opportunità sicuramente di potersi giocarsi un rinnovo o la riscrittura del contratto con i pentastellati a condizioni migliori ma è difficile che possa maramaldeggiare. Un M5S sconfitto e ferito potrebbe far valere per sé il metodo “costi-benefici” e rendersi conto che i costi di tale contratto sopravanzano i benefici, anzi sono penalizzanti. In questo peserà molto anche un fattore importante che alla Lega non sarà molto facile guardare a una riedizione di un centrodestra organico, tradizionale. Salvini, che da vicepremier sta facendo in realtà il premier, immaginiamo cosa si sognerebbe di fare da premier. Tale invadenza, già insostenibile per il passato, sarà ancora più inaccettabile in futuro per una Forza Italia, a trazione berlusconiana. Soprattutto se essa, dopo un dimagrimento elettorale, contenuto su un utile 11-12%, dovesse diventare una componente indispensabile per un rinnovato centrodestra. Altrettanto non addomesticabile pare Fratelli d’Italia che, con il suo prezioso “tesoretto”, non può ridursi a fare il coppiere del prode Matteo. A conti fatti la vittoria del “mattatore” leghista, di cui tanto si parla, potrebbe anche non essere utilizzabile come si vorrebbe, ma addirittura condannarlo a un isolamento e a dover fare di necessità virtù. Con questo scenario non gli potranno certo riservare ponti d’oro neanche i Cinquestelle, i quali – sapendo bene che un ritorno di Salvini nel centrodestra non potrebbe essere da “figliol prodigo” ma solo da Canossa – potrebbero, da sconfitti, essere loro a dare le carte. E allora che fare? Ai due non resta che il rinnovo del contratto, un governo bis con ritocchi, rimpasti, le solite liturgie già viste nella prima, seconda e terza Repubblica. Dopo tutto, nell’attesa degli eventi, insieme hanno dichiarato guerra all’Europa, varato il Decreto dignità, il Reddito di cittadinanza, la Quota 100, messo le mani sulla Rai, che non si parla più di privatizzare, si sono assicurate poltrone nevralgiche in organismi strategici, superato lo scoglio “Si Triv – No Triv” con la trovata geniale della “moratoria”. Il peggio o il meglio lo hanno già combinato. Che piaccia o no è questa la parola magica con cui cercheranno di superare gli ostacoli di natura strategica. E’ la nuova arma con cui si difendono e tengono in piedi il contratto, decidendo di non decidere: un’arma utile per loro ma letale per il Paese. Leghisti e grillini grazie alla “moratoria” potranno dribblare anche il nodo dolente delle infrastrutture. Dai lontani governi delle “convergenze parallele” si va verso un esecutivo bis delle “divergenze parallele”? Il “moroteismo”, non suoni irriverente il paragone, temporeggiava per mediare soluzioni utili per il Paese, il “salvinigrillismo” sceglie la tregua, la furbesca sospensione per restare in sella alle cadreghe del Palazzo. L’ultimo sigillo a questo andazzo lo ha posto qualche giorno fa Grillo, che si autodefinisce il “comico governativo”, dicendo chiaramente: “Movimento e Lega litigano ma poi si mettono d’accordo”. E’ solo sceneggiata.

di Aldo De Francesco

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