Si appella al ministro della Giustizia Carlo Nordio, l’onorevole Rosetta D’Amelio, perché torni sui suoi passi. Considera inaccettabile la decisione che ha portato alla chiusura dell’Icam di Lauro. Stiamo parlando dell’unica struttura del genere nel Sud Italia, per la custodia attenuata di detenute che possono tenere con sé i propri figli.
Un provvedimento, questo, arrivato come un fulmine a ciel sereno e che difficilmente si riesce a elaborare da parte di chi, come l’onorevole D’Amelio, ha impegnato molta parte della sua attività sociale e politica perché i bambini, anche molto piccoli, non fossero anche loro condannati ad una vita dietro le sbarre.
«Credo che la chiusura dell’Icam di Lauro sia un fatto gravissimo – dice al Corriere dell’Irpinia l’ex presidente del Consiglio regionale della Campania (ma il suo impegno in politica e nelle istituzioni è molto più vasto e di difficile elencazione)- alla luce di tante battaglie cominciate venti anni fa. Ricordo quando nel carcere di Bellizzi Irpino erano recluse donne con bimbi anche molto piccoli. Quei bambini non conoscevano la vita oltre le sbarre. L’Icam di Lauro è stata la giusta mediazione, ho seguito l’evoluzione di questa storia per tanti anni, assieme anche al Garante dei detenuti, Samuele Ciambriello. Ogni ricorrenza della Befana l’ho trascorsa con le donne e i bambini dell’Icam, sono stata tante volte a pranzo con loro. La cosa è oltremodo grave perché dalla mattina alla sera le detenute sono state spostate negli istituti Icam di Milano e Venezia. Se consideriamo che la maggior parte di quelle donne provengono dal napoletano e dal casertano, si fa presto a dire che questo trasferimento taglia anche ogni legame con le famiglie che potevano continuare a tenere vivi i contatti con le madri e i loro bambini».
L’amara verità, incalza D’Amelio, è che «al Nord si potenziano gli istituti già presenti, al Sud si cancella l’unico esistente. La chiusura porta altre conseguenze: è tutta la parte sociale a morire, visto che i bambini erano accompagnati a scuola, frequentavano altri coetanei, e poi esisteva un indotto. E’ uno scacco terribile per il Mezzogiorno, per chi ha fatto tante battaglie. Per questo rivolgo il mio appello al ministro, perché possa riconsiderare la questione. Credo che, al contrario di quanto avvenuto, bisogna potenziare l’unica realtà esistente e funzionante nel Mezzogiorno».
La storia non può essere cancellata con un colpo di spugna: «Nel 2016 l’allora ministro Orlando autorizzò la spesa di un milione di euro per rendere la struttura più funzionale – ricorda D’Amelio, che ricopre la carica di consigliera delegata alle Pari opportunità della Regione Campania – Mai avrei immaginato un epilogo del genere. E’ una notizia che mi ha colto di sorpresa». Ma è anche vero che la storia non può finire così, stando alla mobilitazione che sta crescendo e che potrebbe confluire in un serio confronto con il Governo.