Da tempo, ormai, il centro-destra ci ha abituati a vedere il suo volto uno e trino. Uno, nelle ricorrenti riprese televisive davanti palazzo Chigi con Salvini, Meloni e Tajani schierati. Immagine necessaria per dare l’dea di una coalizione ancora unita. Anche se ora, in effetti, appare tale solo per la comune speranza di tornare, un giorno, insieme al governo. E trino, invece, nell’azione politica di ogni giorno. Doppi e tripli giochi. Defatiganti inseguimenti reciproci, soprattutto tra Salvini e Meloni nella mobiltazione della piazza. Tattiche spesso difficilmente conciliabili con quelle dei partner. E talvolta addirittura strategie diverse, palesemente dissonanti. Ormai costanti, che però depotenziano le effettive possibilità della coalizione stessa di ritrovare una sufficiente coesione. Resa ancora più improbabile dalla leadership salviniana. portatrice di valori e di obiettivi politici diversissimi da quelli del centro-destra a trazione berlusconiana. Appare ancora oggi incomprensibile la cedevolezza di un Berlusconi allora forte di fronte alle pretese leghiste di avere i candidati governatori nelle principali regioni del Nord. Causa delle molte, ulteriori difficoltà di Fi nei territori. E poi il tanto discusso “nulla osta” concesso a Salvini dall’ex Cavaliere per la formazione del governo con il M5S (nel convincimento di poter evitare colpi bassi da parte dei pentastellati grazie alla presenza di un suo alleato in maggioranza). Berlusconi, privato della leadership dalla severità dei numeri, è stato costretto a giocare “di sponda” in una duplice direzione. Da una parte, nei confronti dell’esecutivo Conte, a diventare fautore di una specie di “opposizione di Sua Maestà”. Senza manovre o colpi bassi. E questo per due motivi: il primo, per non avere contraccolpi nei suoi interessi aziendali. E il secondo per salvaguardare il suo residuo patrimonio elettorale, impedendo qualunque irresponsabile fuga in avanti verso elezioni anticipate. Sul fronte europeo, l’ex Cavaliere si è invece posto sulla frontiera a difesa dell’Ue anche per salvaguardare la sua immagine residua di moderato. Fino al punto da rivendicare – nel pieno del bombardamento anti-europeo di Salvini e della Meloni – addirittura la paternità del Mes. Una posizione di netto smarcamento rispetto ai partner di coalizione che potrebbe anche essere determinante in caso di difficoltà della maggioranza ad andare avanti sui temi più importanti dell’agenda del Paese. Per quel che riguarda FdI, la Meloni si sta dimostrando una front – woman efficace nel contrasto dialettico immediato rispetto alla maggioranza, come dimostrano i sondaggi favorevoli.Tuttavia, la sua linea politica complessiva appare più sfuggente e ambigua, fatta più di repentini inseguimenti della piazza per “marcare” Salvini che di serie e ponderate scelte strategiche. Con contraddizioni vistose. Come la guerra scatenata ora contro le regolarizzazioni di lavoratori, mentre da ministra di Berlusconi accettò tranquillamente quella voluta da Maroni. O la incauta esaltazione di Almirante come patriota, che collaborò con gli occupanti nazisti come capo gabinetto di un ministro, fu capo redattore del periodico “La difesa della razza” e scriveva che “il razzismo ha da essere cibo di tutti e per tutti”. Sul versante leghista, dopo il misterioso affondamento da parte di Salvini del governo con i 5S, la sua narrazione si è fatta stanca e ripetitiva. Ora indebolita anche dagli errori commessi dai suoi in Lombardia. E, quello che più conta, complicata dalla crescente popolarità di Zaia, circondato da buona fama di amministratore. Come spesso accade in politica, i pericoli più gravi per il Capitone possono venire proprio dall’interno. Crescono infatti le perplessità fra i principali esponenti (Giorgetti e altri) per la linea oltranzista e anti-europea anche in economia di Bagnai e Borghi, praticata da Salvini. Secondo molti, avrebbe isolato la Lega. E sarebbe alla base della sua attuale perdita di consensi. Insomma, il centro-destra appare oggi una pentola in ebollizione. Da essa però difficilmente potrà scaturire l’acqua pura di uno schieramento liberal-moderato, di cui avrebbe bisogno la democrazia italiana!
di Erio Matteo