Il viaggio di un uomo perduto e ritrovato attraverso la preghiera del rosario. E’ “Nelle tue mani. Bartolo Longo, il Santo del Rosario”, lo speciale a cura di Fausto Della Ceca scritto da Giorgio Brancia, Serena Cirillo, Giacomo Difruscolo, Elide Maltese, in programma sabato 18 ottobre in prima serata, alle 21.10. su TV2000. Uno speciale che si carica di un valore più forte alla vigilia della cerimonia di canonizzazione, in programma domani in piazza San Pietro.
Quarantacinque anni fa, il 26 ottobre del 1980, il rito della beatificazione, presieduto in piazza San Pietro da Giovanni Paolo II. Dalle ombre oscure dei vicoli napoletani, dove lo spiritismo e la disperazione segnavano i passi di un giovane avvocato, fino alla luce della fede che lo porterà a fondare il Santuario della Madonna del Rosario a Pompei. Dentro una narrazione visiva intensa e contemporanea, il documentario intreccia i momenti più drammatici e luminosi della vita di Longo e della sua carità verso gli ultimi con testimonianze attuali di rinascita: ragazze madri, figli di carcerati, anime abbandonate che trovano speranza Tra gli esperti direttamente coinvolti nella realizzazione del documentario di TV2000 sul nuovo santo Bartolo Longo c’è anche un intellettuale napoletano di nascita e irpino d’adozione (da qualche anno vive a Montefalcione), che come giornalista professionista ha scritto per i principali quotidiani italiani ed è uno storico collaboratore di questa testata, ma soprattutto è un noto scrittore autore di una trentina di libri in larga parte dedicati proprio agli aspetti tratteggiati nell’intervista televisiva. Iin virtù del rapporto preferenziale con il Corriere dell’Irpinia gli abbiamo chiesto di anticiparci alcune delle tematiche su cui si è soffermato nel programma.
Professore cominciamo dal principio, perché hanno chiamato lei?
Mi permetta una premessa, in passato mi è capito da insegnare, anche nelle aule universitarie, ma non sono mai stato davvero un professore, ergo, se non le dispiace, preferirei evitare questo e altri titoli, detto ciò la produzione del documentario (TV2000), ndr) ha voluto intervistarmi perché mi sono occupato a lungo di alcuni temi che sono presenti nella biografia del santo.
Presumo si riferisca ai trascorsi per così dire occulti del giovane Bartolo Longo, come le sue frequentazioni dei circoli dello spiritismo, giusto?
Esatto. Negli anni in cui Longo studiò all’università di Napoli lo spiritismo era ancora molto diffuso. E come ebbe a scrivere lui stesso, si fece sedurre dal fascino dell’occulto. In particolare avvenne dopo a lettura della famosa opera del francese Ernest Renan “Vita di Gesù”.
Dunque Longo era uno spiritista?
Il suo stupore è quello di tanti ma in realtà non c’è da esserne così sorpresi. Il fenomeno spiritico, innescato da curiose cronache giunte dagli Usa nella seconda metà dell’Ottocento, aveva conquistato tutta l’Europa. E Napoli divenne una delle capitali dello spiritismo. Del resto la città dei fantasmi millenari e delle anime del Purgatorio non poteva che accogliere con fervore questa nuova possibilità di comunicare con l’aldilà.
Divenne una quasi moda, è così?
Sì divenne una moda e anche molto di più. Ne ho scritto in un libro che sarà ristampato nel 2026. Oltre i salotti dove i tavoli “ballavano”, c’erano fior di studiosi, filosofi, antropologi, eruditi e professori universitari che si appassionarono all’argomento e diedero vita a riviste e cenacoli di grande spessore. In Campania, poi, crebbero e si affermarono alcuni tra i medium più famosi del mondo, a cominciare da Eusapia Palladino.
Ci dice, in sintesi, qualcosa di lei?
Personaggio discusso quanto intrigante, la Palladino, o “la Sapio” com’era appellata, fu più volte sorpresa a barare e tuttavia le sue “performance” oltre a sedurre molti grandi personaggi del tempo la trasformarono subito in una leggenda vivente. Nonostante i suoi limiti culturali e caratteriali, divenne e restò per decenni una star planetaria, studiata e analizzata da scienziati di altissimo profilo, compresi alcuni premi Nobel. Oggi Eusapia sarebbe contesa dalle tv e dai giornali.
Tornando a Bartolo Longo, la lettura che si dà delle sue esperienze “occulte” è però totalmente negativa, persino inquietante.
Sì, è frequente leggere che in quel periodo Longo fu irretito dal satanismo. Una percezione totalmente distorta ma che ha contribuito lui stesso, involontariamente, a far nascere perché nel suo diario usò espressioni forti o comunque equivocabili. Dirà, ad esempio, che era diventato un “sacerdote dello spiritismo”. Il resto lo faranno gli “agiografi”, i quali volevano, alzando i toni, dare maggior forza al suo esempio cristiano, la sua conversione. Perciò piano piano nella narrazione di quell’esperienza il suo “allontanamento” dallo spiritismo (cosa banale praticata da milioni di persone in tutto il mondo senza alcuna difficoltà) divenne una gloriosa vittoria contro Satana, Belzebù o Lucifero se si preferisce.
Che rapporto c’è tra il satanismo e lo spiritismo?
Nella sostanza nessuno.
Si dice che Longo sia stato un massone.
Non c’è un legame diretto tra queste tre cose (massoneria, satanismo, spiritismo, ndr), ma stando a quanto lui stesso ha scritto nei suoi diari si evince che deve aver avuto più di una frequentazione con gli ambienti della massoneria napoletana. Inoltre, a giudicare da alcuni riferimenti, si capisce pure che almeno in qualche occasione deve aver partecipato ai rituali, i cosiddetti “lavori di loggia”. Ma anche qui non c’è da meravigliarsi.
Perché?
Perché nell’Ottocento come nel Novecento a Napoli la massoneria era un punto di riferimento. Erano massoni i docenti della “Federico II”, i migliori professori di medicina, i giuristi più noti, i politici di ogni schieramento (quasi trecento Liberi-muratori sedevano nel parlamento italiano), insomma il gotha della città e dell’Italia. Una destinazione inevitabile per un giovane colto, brillante e desideroso di imparare e di crescere, con un potente afflato spirituale.
La spiritualità nella massoneria?
È la sua vera forza. Non c’è la religione ma c’è il sacro, non ci sono dogmi ma c’è la spiritualità, è il motivo per cui sin dalla sua origine, nel Settecento, la massoneria ha annoverato tra le sue fila tanti religiosi, tanti uomini di Chiesa, persino dei vescovi. Un esempio famoso è nella storia di Avellino.
Siamo curiosi di saperne di più.
Un nome su tutti: Tommaso Latilla, vescovo di Avellino e Frigento dal 1754 al 1760. Era un nobile, figlio del marchese di Taurasi, con i Canonici regolari lateranensi prese il nome Benedetto, divenne abate generale e intanto tenne per anni la cattedra di Teologia alla regia Università di Napoli. Amico e “fratello” di loggia di Raimondo di Sangro principe di Sansevero, Benedetto Latilla ricoprì le cariche di Grande Oratore e poi anche Gran Maestro della massoneria, lasciando una traccia rilevante nella storia della massoneria meridionale.