“La scelta di rendere i detenuti del Carcere di Bellizzi protagonisti del rito del giovedì santo non sia un fatto puramente coreografico. Ci renda consapevoli che esiste un carcere sul nostro territorio, che le mura non possono separare chi è dietro le sbarre dal resto della comunità, questo rito diventi un’assunzione di responsabilità nei confronti di chi sconta la propria pena”. Lo sottolinea il vescovo di Avellino Arturo Aiello nel corso della celebrazione della messa in coena domini con dodici detenuti di Bellizzi che indossano i panni degli apostoli. “Oggi – prosegue Aiello – condividiamo quest’eucarestia, che ha al centro il comandamento dell’amore, per sentirci ancora più fratelli di come voi aspetta in questa struttura il giorno in cui riconquisterà la libertà. La speranza – spiega Aiello – è che vi sentiate legati a questa città, che si stabilisca un rapporto con la comunità, aiutando a trarre frutti da questo tempo di attesa, poichè se non avrete imparato qualcosa da quest’esperienza l’istituzione avrà fallito”. Rilancia l’invito “ad aspettare in maniera attiva la fine della propria pena” e ricorda come “Siamo tutti perduti e tutti salvati. Non c’è differenza tra noi e voi. Tanti di noi sono prigionieri di una vita diversa da quella che avevano immaginato, a causa di un fallimento matrimoniale o personale. E le vite di tanti uomini e donne sono più fredde delle mura di un carcere quando non c’è amore”. Spiega come “L’amore si esprime facendosi servo dell’altro, proprio come Gesù che lava ai piedi agli apostoli e dunque all’umanità”. Quindi spiega il miracolo di “Gesù riesce a ritagliarsi sulla mensa imbandita, nella scena dell’Ultima Cena, una serata che è condivisione, rito dello spezzare il pane, esperienza della bellezza di essere uomini anche se si fa prologo della morte. Un sacrificio, il suo, che non può essere dimenticato”. Domani, intanto, l’atteso rito della processione del Cristo morto e dell’Addolorata preceduto alle 19 dalla celebrazione della Santa messa.
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