L’Irpinia nella morsa dell’usura. Gli ultimi dati della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), del Ministero dell’Interno e dell’ISTAT segnalano un incremento dei casi in provincia, con un impatto devastante su molte famiglie e imprese locali. Nel 2023, le autorità hanno registrato circa 150 denunce per casi di usura, in aumento del 20% rispetto all’anno precedente. La crescita si è accentuata nel 2024 con circa 180 denunce, diventate poi già più di 200 nell’anno in corso. Un quadro decisamente preoccupante e, molto probabilmente, anche sottostimato. Il fenomeno resta infatti in molti casi, soprattutto negli ambienti più degradati e disagiati, sottotraccia, per la paura delle vittime di esporsi e denunciare. Il timore di ritorsioni, ma anche la vergona, spingono molte persone ad isolarsi, a subire in silenzio ricatti e soprusi.
Dietro l’usura ci sono soprattutto organizzazioni criminali, spesso infiltrate nel tessuto socio-economico locale, specializzate in azioni di racket ed estorsive, ma anche soggetti singoli, non di rado con precedenti penali legati alla criminalità o a problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti. Una rete di sfruttatori ben mimetizzata con il contesto sociale in cui vivono e operano, e capace di entrare rapidamente in contatto con le persone più debole e in difficoltà. Il tessuto produttivo locale, composto per lo più da piccole e medie imprese fragili e non adeguatamente strutturate, rappresenta terreno fertile per le attività usurarie, che si nutrono soprattutto della fragilità economica di molte famiglie e della debolezza socio-economica delle tante comunità rurali che popolano la nostra provincia.
Le categorie professionali più a rischio sono gli imprenditori, in prima battuta quelli edili, i piccoli commercianti e gli agricoltori. In difficoltà per la complessa congiuntura economica e non sufficientemente strutturati per accedere al credito bancario, questi operatori finiscono molto facilmente nelle mani degli usurai. Ma non mancano anche casi che riguardano avvocati, medici e artigiani. Sempre più esposte anche le donne, evidentemente più vulnerabili, soprattutto in contesti di disagio familiare o di violenza domestica, e spesso coinvolte in situazioni di sfruttamento economico e di ricatto. L’età media delle vittime si aggira tra i 40 e i 60 anni, con un’incidenza maggiore tra le persone con basso livello di istruzione e senza un’occupazione stabile. Non mancano le operazioni di contrasto al fenomeno e le iniziative a sostegno delle vittime, ma la rete di controllo e prevenzione è ancora insufficiente per arginare un fenomeno in preoccupante crescita.