Quaranta attività metalmeccaniche chiuse e 2000 posti di lavoro in fumo: sono questi i drammatici numeri prodotti della crisi industriale in provincia, dal 2008 ad oggi. Un bilancio disastroso, al centro dello sciopero di otto ore proclamato per oggi dai metalmeccanici per il mancato rinnovo contrattuale. Il corteo di protesta ha organizzato un presidio sotto la sede di Confindustria.
“La straordinarietà della situazione impone a tutti i rappresentanti istituzionali – si legge nel documento consegnato dai segretari di Fim, Fiom e Uilm ai vertici di Confindustria – di porre al primo punto dell’agenda politica il tema della crisi industriale, creando una rete tra le varie istituzioni in una prospettiva pragmatica a più livelli, superando definitivamente la logica della divisione per competenza ma includendo le conoscenze per un obiettivo comune, il lavoro. Il momento grave e complesso che vive la nostra provincia è accompagnato da un bisogno di cambiamento che deve essere colto, reso funzionale; ed è per questo che è fondamentale prevedere una valutazione preliminare sull’utilizzo delle risorse Europee, esse potranno e dovranno essere utilizzate per lo sviluppo industriale finalizzato ad un percorso di cambiamento efficace ed efficiente per il tessuto industriale irpino”.
Il sindacato invita a guardare oltre un sistema fallimentare “che fino ad ora ha sostenuto per lo più gli imprenditori più interessati al finanziamento pubblico che ad una reale crescita del territorio: bisogna abbandonare del tutto un sistema che ha generato un modello di sviluppo senza futuro”. Nella ripartenza e nel rilancio dell’industria metalmeccanica, oltre alle rivendicazioni di carattere generale dalle segreterie nazionali di Fim, Fiom, e Uilm, ovvero la riduzione dell’orario di lavoro, gli aumenti salariali, la revisione del sistema degli ammortizzatori sociali e il rilancio delle politiche industriali, per il sindacato metalmeccanico irpino “occorre la costituzione di un’unità di crisi provinciale, nella quale poter affrontare le vertenze in maniera olistica e non separata, partendo dal fatto che non possiamo più permetterci di perdere altri posti di lavoro nella provincia di Avellino”.
Il sindacato auspica anche l’individuazione di un nuovo modello di sviluppo. “Quello fin qui applicato – si legge ancora nel documento unitario – si è rilevato fallimentare, occorre ripensarlo in maniera radicale puntando ad uno sviluppo sostenibile ed a una compatibilità tra ambiente, salute e sicurezza, crescita economica; un modello produttivo che metta al centro la persona, in un’ottica locale, nel declinare questo modello concreto che coinvolga i rappresentanti delle istituzioni, il sistema bancario, le organizzazioni sindacali rappresentative, enti di ricerca ed università”.
Nel documento consegnato a Confindustria si parte dal presupposto “che le aziende avellinesi del settore automotive provinciali occupano circa il 40% degli occupati del settore manufatturiero metalmeccanico” e che “la transizione energetica e digitale sta mettendo in forte crisi le attività di queste aziende. In particolare: Stellantis, Denso e Limasud sono oggetto di riduzione costante di occupati e di produzione. Per queste aziende, occorre prevedere un sostegno pubblico per ricerca e sviluppo che porti ad implementare una riconversione ed una rigenerazione degli stabilimenti. Anche sulla ex IIA, occorre riportare la discussione al tavolo Ministeriale per verificare l’effettivo rilancio della produzione”.
Il sindacato chiede anche “di investire per la realizzazione di infrastrutture sia materiali che immateriali, pensando all’utilizzo della banda larga di ultima generazione, anche in considerazione dell’importanza dell’innovazione e trasformazione digitale delle imprese. È inoltre fondamentale che un asset importante, qual è quello della depurazione, venga definitivamente affidata la gestione a Enti competenti superando la pessima gestione Asi”. L’ultimo passaggio chiama direttamente in causa la Regione Campania, invitata a predisporre “un piano di formazione per i lavoratori sottoposti a regime di cassa integrazione con l’obiettivo di una crescita delle competenze”.