La Direzione distrettuale antimafia di Catania ha messo a segno un altro colpo formidabile. Dopo il fallimento del blitz che aveva portato al sequestro, a marzo 2018, della motonave Open Arms, della ONG spagnola Proactiva Open arms, con l’accusa di associazione per delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver salvato dalla morte in mare 218 persone (fallimento causato da un dispettoso provvedimento del Gip di Ragusa che aveva dissequestrato la nave e aveva ribadito che non è vietato salvare le persone che stanno per annegare), adesso arriva la rivincita.
Finalmente, dopo anni di indagini e fiumi di intercettazioni telefoniche, è stato trovato il tallone d’Achille che ci permetterà di sbarazzarci della fastidiosa presenza delle organizzazioni non governative umanitarie che insistono a fare i taxi del mare e a salvare i profughi, invece di lasciare che la natura faccia il suo corso. Visto che è difficile contestare il reato di salvataggio in mare, perché qualche giudice si mette di traverso, adesso si è trovata la formula giusta: traffico di ingenti quantità di rifiuti a fine di lucro. Secondo l’accusa, i responsabili di Medici senza frontiere avrebbero sistematicamente condiviso, pianificato ed eseguito un progetto di illegale smaltimento di un ingente quantitativo di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo della Vos Prudence e dell’Aquarius, conferiti poi in modo indifferenziato, unitamente ai rifiuti solidi urbani, in occasione di scali tecnici e sbarco dei migranti in 11 porti. Scabbia, tubercolosi, meningite, Hiv: questo il variegato elenco di malattie infettive portate dai migranti soccorsi dalla Aquarius che non avrebbe smaltito come rifiuti pericolosi gli indumenti dismessi e i materiali utilizzati a bordo per il primo soccorso delle persone. Per quest’accusa è stato disposto il sequestro della nave Acquarius e di diversi conti correnti bancari. Ha dichiarato Karline Kleijer, responsabile delle emergenze per MSF: “dopo due anni di indagini giudiziarie, ostacoli burocratici, infamanti e mai confermate accuse di collusione con i trafficanti di uomini, ora veniamo accusati di far parte di un’organizzazione criminale finalizzata al traffico di rifiuti. È l’estremo, inquietante tentativo di fermare a qualunque costo la nostra attività di ricerca e soccorso in mare”. “Il risultato – aggiunge Gabriele Eminente, Direttore generale MSF Italia – sono oltre 2.000 morti nel Mediterraneo solo quest’anno e un nuovo picco di sofferenze, mentre la guardia costiera libica sostenuta dall’Italia e dall’Europa intercetta sempre più persone in mare e le riporta alle terribili condizioni della detenzione arbitraria in Libia, in piena violazione delle leggi internazionali (..) Con cinque navi umanitarie attive in tre anni di operazioni in mare, abbiamo soccorso oltre 80.000 persone in coordinamento con le autorità marittime e nel rispetto delle leggi nazionali e internazionali.”
Adesso la politica sta presentando il conto alle ONG per i troppi salvataggi effettuati. E’ curioso che la pietra dello scandalo siano “gli indumenti contaminati indossati dagli extracomunitari”.
Quegli indumenti sono intrisi di benzina, di acqua di mare, del sangue delle ferite inferte nei lager libici, del vomito, dell’odore della morte, della fame e delle persecuzioni a cui i profughi sono sfuggiti, e quindi sono idonei a diffondere la peste, come gli unguenti che diffondevano gli untori durante la peste di Milano. Però gli untori non sfuggirono alla giustizia terrena; furono arrestati, torturati e giustiziati con implacabile severità. Scrisse Alessandro Manzoni ne La colonna infame “Ai giudici che, in Milano, nel 1630, condannarono a supplizi atrocissimi alcuni accusati d’aver propagata la peste con certi ritrovati sciocchi non men che orribili, parve d’aver fatto una cosa talmente degna di memoria, che, nella sentenza medesima, dopo aver decretata, in aggiunta de’ supplizi, la demolizione della casa d’uno di quegli sventurati, decretarono di più, che in quello spazio s’innalzasse una colonna, la quale dovesse chiamarsi infame, con un’iscrizione che tramandasse ai posteri la notizia dell’attentato e della pena. E in ciò non s’ingannarono: quel giudizio fu veramente memorabile.”
Alzeremo anche noi una colonna infame?
di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud