Di Alessandro Seravalle
Esiste una sorta di connessione nascosta, talvolta persino negata, tra certa filosofia che presenta come proprio principale motore la lucidità (mi riferisco in particolare a un pensatore come Emil Cioran) e le acquisizioni della fisica. Sul sito del Dipartimento di fisica dell’Università di Trieste, in modo scherzoso ma non troppo, si può leggere una traduzione in termini “esistenziali” dei tre principi della termodinamica oggetto del nostro lavoro. Primo principio: non puoi vincere. Secondo principio: non puoi pareggiare, a meno che non faccia molto freddo. Terzo principio: non fa mai abbastanza freddo. Insomma la fisica stessa sembra corroborare il Privatdenker romeno quando si scaglia contro l’universo notando «guazzabugli ovunque si guardi». Formule matematiche e aforismi di un solitario convergono a determinare, nel lungo periodo, una sorta di sconfitta inevitabile. Concetti come quelli di “irreversibilità” o di “freccia del tempo” amplificano l’ineludibile coscienza dell’Irreparabile che caratterizza il pensiero lucido. Qual è il nostro spazio dunque? Quello di giocare un temporaneo tiro all’inesorabile, guadagnare un minimo spazio di azione, abitare tra dado e bullone e da lì evocare terapeutici suoni, luminose fantasmagorie ed esibire il nostro corporeo grido danzante in un percorso di auto-conoscenza. Inutile? Certo. E tuttavia, come scrisse Ionesco, «se non si comprende l’utilità dell’inutile, l’inutilità dell’utile, non si comprende l’arte».
La danza di Entropia nasce in origine come parte musicale (e centrale direi) di una performance teatrale in risposta a una proposta da parte (sembra pazzesco) del Teatro di Pristina, la capitale del Kosovo sotto la direzione artistica di Marco Maria Tosolini e Massimo Gabellone. In una prima fase l’argomento della pièce avrebbe dovuto avere caratteristiche legate al mondo della scienza (per fartela molto breve). La manifestazione prevedeva 9 performance con artisti del calibro di Andrea Centazzo, Marco Giommoni, Nicola Baroni e altri. Insomma avrebbe dovuto segnare il mio “ingresso” nell’ambito della musica colta di ricerca. Alla fine il Ministero della Cultura del Kosovo ha deviato verso altre strade (ha cambiato per capirci la tematica). In ogni caso La Danza di Entropia prevedeva, oltre alla mia musica che svolgeva il ruolo principale, la regia e le luci di Sonia Dorigo e la danza di Laura Della Longa. Alla fine comunque questo mio “ingresso” è comunque avvenuto stante il fatto che Agenda edizioni, fondata da Gianpaolo Salbego e diretta oggi dalla figlia Erica, opera appunto nel campo della musica colta. Ho coinvolto nel progetto anche Loris Furlan e Zeit Interference, la costola avantgarde di Lizard records perché considero la mia musica più sperimentale, che detto tra noi è ormai quella in cui maggiormente m’identifico, una sorta di anello di congiunzione tra mondo “colto” (non vuol dir nulla, lo so, ma è tanto per capirci) e mondo “popolare” (anche questa espressione andrebbe indagata ma tant’è…).