Il Natale del 2023 non è poi diverso da quello del 2022. E non lo sarà nemmeno rispetto al 2021 o al 2020.
Più che natale come nascita o rinascita, una ruota che ci regala ciclicamente un’ignominia che dovrebbe avere da sola la forza di proporsi come emergenza sociale urgentissima e di rilevanza primaria.
“Mai più bambini in carcere”, si sostiene a gran voce. Ogni anno, a Natale, io a scrivere e voi a leggere, ci ritroviamo con almeno una quarantina di bimbi ristretti ed il Governo impegnato con il Parlamento a discutere della questione, anzi del dossier.
Anche soltanto un bambino detenuto è una sconfitta per ciascuno di noi ed una vergogna per tutti. E tant’è. Anche per questo Natale tutti coloro che hanno come unica colpa la condanna dei loro genitori, festeggeranno reclusi, senza poter essere bambini.
Per non parlare del numero di detenuti che si toglie la vita, ogni fine dicembre prossimo a cento. Altra vergogna con cui una Comunità dovrebbe confrontarsi, visto che la situazione delle carceri nostrane è ben oltre ogni limite di sopportabilità. Una condizione di vita indegna per qualsiasi Uomo, innocente o criminale.
E mentre prendiamo atto, forse e finalmente, di aver toccato il fondo, ci pensano Piercamillo e Chiara a farci ricordare che, tutto sommato, la ruota del Natale esiste e gira per davvero.
Il primo, il giudice Davigo, dichiara ai microfoni offerti da Fedez, marito della seconda, come gli dispiaccia, perché un imputato suicida in carcere equivale alla perdita di un’indispensabile fonte di prova.
Un’idea della giustizia penale come una clava che non si ferma davanti a nulla, nella sua ancillare missione di rimuovere il crimine che ci circonda e ci soffoca, in ogni angolo della nostra società, popolata solo da farabutti omaggiati dalla Costituzione della presunzione di innocenza.
Tranne che per lui. Il quale, purtroppo e però, è stato condannato ad un anno e tre mesi di reclusione. Ma a Brescia ove, sempre secondo Piercamillo, è risaputo che i giudici sono a corto di energie mentali. Lui non ha commesso nessun delitto, ha svolto solo il proprio mestiere. Mentre la colpa sarebbe di quei magistrati longobardi che “non sempre capiscono le cose”.
E per Ferragni, che alla festività più famosa al mondo aggiunge una nuova modalità di beneficenza: a pagamento, con il trucco e l’inganno.
Epperò, ahi noi, la ruota del Natale non trova i suoi ingranaggi in Davigo o in Ferragni. Né nel carcere. Giammai nei bambini reclusi.
Bensì nelle viscere più profonde di un Paese che sente la necessità di ascoltare le ossessioni di Piercamillo e le frottole di Chiara. Che avverte il bisogno di crogiolarsi in quei luoghi comuni. Che vuole sentire quelle storielle, un po’ da strada ed un po’ da bar. Che gode nel ragionare di queste e non di altro.
Un sistema mediatico e politico che pende dalle loro labbra e da quelle del cattivo esempio, ove frulla un megafono che, ogni anno, nessuno pensa a spegnere.
Ci sono poi la Giustizia, il carcere ed i bambini reclusi: il vero volto dimenticato del nostro sfortunato Paese.
Gerardo Di Martino