di Anna Bembo
L’anno scolastico 2024/2025 ha fatto registrare numeri significativi sul fronte degli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo d’istruzione. Secondo i dati aggiornati al 30 luglio 2025, sono stati 13.857 gli studenti diplomati con lode su scala nazionale: un incremento rispetto all’anno precedente che conferma un andamento positivo nelle performance scolastiche.
A colpire è soprattutto la distribuzione territoriale delle eccellenze: il Sud si conferma in testa, con la Campania con 2.898 diplomati con lode, seguita da Sicilia (1.947) e Puglia (1.891). Nel Centro Italia, spicca il Lazio con 1.288 lodi, mentre al Nord la Lombardia ne conta 782. Le percentuali regionali rafforzano il quadro: se la media nazionale per i 100 e lode si attesta al 2,8%; regioni come la Calabria (6,1%), la Puglia (5,5%) e la Campania (4,0%) si collocano ben al di sopra. In coda, invece, troviamo la Valle d’Aosta (0,3%) e la Lombardia (1,1%).
Anche la tipologia di percorso scolastico incide fortemente: i licei si confermano la fucina principale di studenti eccellenti (4,3% di lodi), a fronte dell’1,5% degli istituti tecnici e dello 0,6% dei professionali. Le differenze si mantengono anche nelle fasce di voto immediatamente inferiori. All’interno dei licei, in particolare, spicca il classico, che condivide il primato con il liceo internazionale (entrambi all’8,4%), seguito dallo scientifico tradizionale (6,2%) e dal liceo europeo (5,6%).
Il confronto con l’anno scolastico 2023/2024 evidenzia un miglioramento generalizzato: la percentuale dei diplomati con lode è cresciuta dal 2,6% al 2,8%, con incrementi significativi in Calabria e Campania. Anche i dati relativi alle fasce intermedie mostrano una sostanziale tenuta: stabile il 7,1% degli studenti con voto 100, invariata la fascia 71-80 (29,3%) e lievemente cresciuta quella 81-90 (18%). In calo la fascia più bassa (voto 60), che passa dal 5,1% al 4,9%, a testimonianza di un generale innalzamento delle competenze.
Tuttavia, dietro le cifre si cela un dibattito mai sopito. Ogni anno, di fronte al primato del Mezzogiorno in termini di lodi e voti alti, si sollevano interrogativi sulla reale omogeneità dei criteri valutativi a livello nazionale. In molti sostengono che al Nord i docenti siano più severi, mentre al Sud prevalga una maggiore indulgenza. Un’ipotesi che solleva dubbi non tanto sulla qualità degli studenti meridionali, tra i quali vi sono senza dubbio eccellenze autentiche, quanto sulla credibilità del sistema di valutazione stesso.
In questo senso, i numeri potrebbero non indicare una superiorità oggettiva, ma riflettere un abbassamento dell’asticella al Sud, forse in risposta a un contesto sociale ed economico più fragile. Il rischio è duplice: da un lato, illudere studenti mediocri di essere fuoriclasse, privandoli di una reale consapevolezza delle proprie capacità; dall’altro, aggravare il divario tra le aree del Paese, rendendo ancora più evidente il disallineamento tra le aspettative scolastiche e le richieste del mondo del lavoro o dell’università.
Va sempre ricordato che i voti non raccontano tutto: non sono l’unico metro per misurare il valore di uno studente. Chi prende un voto basso non è necessariamente meno intelligente, ma potrebbe possedere altre forme di intelligenza (emotiva, creativa, pratica) che la scuola, troppo spesso, non valorizza. È nella vita reale che si misurano le competenze più profonde, quelle che vanno oltre la media aritmetica di una pagella.
L’augurio, allora, è che la scuola sappia davvero preparare i ragazzi ad affrontare il futuro, e che i voti assegnati, soprattutto quelli più alti, siano realmente meritati. Perché altrimenti, a essere bocciata, sarà la scuola stessa, quando questi studenti si scontreranno con un mondo che non fa sconti e che non si lascia abbindolare dai numeri.