di Rosa Bianco
La seconda giornata della Summer School Carlo Gesualdo si è svolta come un itinerario dello spirito, scandito da due momenti distinti eppure intimamente connessi: la memoria di due figure eminenti della cultura irpina, Antonio La Penna e Gennaro Savarese e la riflessione sull’universo poetico e figurativo della Gerusalemme Liberata. Al centro, un filo invisibile: la ricerca della verità attraverso la parola e la sua incarnazione nei diversi linguaggi della cultura. I “maestri” a cui la mattinata ha reso omaggio sono stati Antonio La Penna, filologo e studioso dei classici, custode della parola scritta e interprete di un’etica della conoscenza, e Gennaro Savarese, filosofo e intellettuale, capace di aprire la critica a un dialogo multidisciplinare e di ispirare una riflessione aperta e vivente. Dalla filologia severa e liberatrice di La Penna, narrata attraverso i contributi di Stefano Grazzini, Mario Citroni, Giovanni e Paolo La Penna, Paolo Saggese, alla filosofia inquieta di Savarese, restituita da Floriana Calitti e Rino Caputo, si è delineato un paesaggio in cui la cultura non è reliquia, ma pratica viva, custodia e generazione di futuro. Il pomeriggio ha proseguito questo percorso sul terreno dell’immagine.
La Gerusalemme Liberata illustrata è apparsa come un altro modo di pensare la memoria, non più soltanto nel rigore della parola, ma nella metamorfosi visiva che le arti hanno prodotto nei secoli. La tavola rotonda del Centro di Studi Tassiani di Bergamo, guidata da Cristina Cappelletti, ha mostrato come il poema tassiano non sia testo chiuso, bensì matrice di infinite risonanze: dagli affreschi di Palazzo Santacroce evocati da Maria Celeste Cola, all’universo pastorale nelle illustrazioni di Giovanni Battista Piazzetta descritto da Massimiliano Simone, dalle eroine Armida e Clorinda indagate da Lorenzo Mascheretti e Alice Spinelli, fino alle visioni infernali illustrate da Cappelletti stessa e alla sintesi conclusiva di Massimo Castellozzi. Così, nella stessa giornata, la scuola ha composto un dittico: al mattino la testimonianza di due maestri irpini, che hanno incarnato la forza della parola e del pensiero; al pomeriggio l’immagine del poema tassiano che, attraverso le illustrazioni, continua a farsi specchio e rivelazione. Due momenti diversi, ma un’unica lezione: la cultura è sempre un atto di metamorfosi, di trasmissione e di rinascita. La giornata ha offerto una meditazione sul destino della memoria: essa non è un deposito da conservare, ma una corrente che fluisce, che si rinnova trasformandosi. Nella filologia di La Penna, nella filosofia di Savarese, nelle immagini della Gerusalemme illustrata, si riflette la stessa verità: ciò che ereditiamo dai maestri e dai poeti non è mai solo passato, ma la promessa di un futuro che si apre davanti a noi.