di Virgilio Iandiorio
Il 6 di agosto ricorre la festa liturgica del SS. Salvatore. Ed era nelle nostre comunità contadine un auspicio per la prossima vendemmia: A o Salavatore, arriva o pittore, dicevano gli anziani del mio paese, perché in questo giorno le pigne d’uva cominciavano ad avere i primi acini del colore del vino.
Il culto del SS. Salvatore, che è nato, si può dire, col diffondersi dell’evangelizzazione del mondo antico, nella provincia irpina lo si trova attestato a partire da una certa data e in un territorio ben individuato. Esso, infatti, è localizzato in particolare nell’area dei Monti Picentini ed è legato alla predicazione e alla presenza in quei luoghi di San Guglielmo.
Al santo di Vercelli è legata la fondazione del Monastero del Goleto, dedicato al SS. Salvatore. L’importanza del culto al Salvatore del Mondo, e della Trinità divina, avrà certamente ispirato S. Guglielmo nel dedicargli il monastero. Come era accaduto per la famosissima Abbazia Benedettina di Cava de’ Tirreni, dedicata alla Ss. Trinità.
Per trovare nella nostra provincia altra chiesa dedicata al SS. Salvatore, dobbiamo arrivare a tempi posteriori a quelli della costruzione del Goleto nel XII sec., ma restando sempre nei Monti Picentini.
Non lontano dalla sede del monastero del Goleto, “esiste in questa terra di Montella un’Eremitica Cappella col titolo del SS. Salvatore su di un alto monte a veduta di tutto il paese, che porta il nome del Monte del Salvatore in essa si venera una statua di ottima scultura rappresentante il Salvatore in età di circa anni quindici, lavorata al 1722”(Carlo Ciocciola, 2007)
Un impulso notevole alla devozione verso il SS. Salvatore si ebbe nel secolo XV. “Il Papa Callisto III, a ricordo della vittoria sui Turchi (Belgrado 6 agosto 1456) e per adempiere un voto fatto alla Santissima Trinità, ordinò, con bolla del 1457, che il 6 agosto di ogni anno, si celebrasse, in tutto il mondo cattolico, la festa della trasfigurazione del Signore”(Ferdinando Palatucci, 2007).
I Montellesi “costruirono, pertanto, sul Monte del Salvatore, che allora prendeva nome da S. Elia per solennizzarvi negli anni successivi la festa della Trasfigurazione, una chiesetta, che, in memoria del voto di Callisto III, venne dedicata alla Trinità. L’umile chiesetta cambiò nome e prese quello del SS. Salvatore, che indica anche meglio la festa che vi si celebra, tra il 1541 e il 1561, quando vi fu trasportata la statua del Salvatore dalla chiesa parrocchiale omonima, che la tradizione pone alla contrada Prati, tra il colle di Monticchio e la strada rotabile Montella-Cassano Irpino, e che era collabente e non più officiata per mancanza di fedeli, trasferitisi nell’attuale abitato di Montella” (F. Palatucci, 2007)).
La tradizione locale fa riferimento alla statua del SS. Salvatore trasferita, prima nella cappella di S. Elia nei pressi dell’antico Ponte del Mulino e poi a metà del XVI secolo nella nuova cappella sulla montagna omonima. “La statua rappresenta un Gesù adolescente. Rispettando la storia, non sarebbe stata adatta a raffigurare il Gesù della Trasfigurazione, che aveva certamente superato i trent’anni. Ma i Montellesi legati sentimentalmente a quella statua, oggetto di culto per secoli, senza badare a sottigliezze storiche, la destinarono a raffigurare il Gesù della Trasfigurazione” (F. Palatucci, 2007). E anche quando l’antica statua lignea, venne sostituita con una nuova il soggetto rimase identico.
La devozione al SS. Salvatore trasse nuovo vigore in seguito ad eventi calamitosi, che coinvolsero la comunità montellese, ma anche tutto il Regno di Napoli.
“Una siccità di sei mesi, dall’autunno del 1778 alla primavera del 1779, teneva in afflizione il popolo montellese” (C. Ciociola, 2007). Per l’intercessione del Salvatore, venne la pioggia e i Montellesi, in ringraziamento, ampliarono la cappella sul monte.
A Montella, in ricordo di queto evento miracoloso, si celebra due volte la Festa del SS. Salvatore: la prima, nel giorno 30 maggio, quando nel 1779 si ebbe la grazia della pioggia; la seconda, a dì 6 agosto, quando la Chiesa ne celebra la solennità” (C. Ciociola, 2007).