Un luogo sospeso tra storia e fede, il santuario di Montevergine, ha fatto da cornice a un incontro che ha unito scienza, tecnologia, ecologia e spiritualità. Tra le mura dell’abbazia benedettina, che durante la Seconda guerra mondiale custodì la Sacra Sindone, si è svolta la conferenza di presentazione del Nasa Space Apps Challenge – Vatican City, una delle sedi ufficiali del più grande hackathon (evento a cui partecipano esperti di diversi settori) del mondo, promosso dall’agenzia spaziale americana per stimolare la creatività e l’innovazione a partire dai dati satellitari messi gratuitamente a disposizione.
Ad accogliere il pubblico è stato il Local Lead dell’iniziativa, il dottor Renato Ciampa, che con passione ha raccontato la genesi del progetto e il significato della tappa vaticana, la prima in assoluto nello Stato più piccolo del mondo, ma con una vocazione internazionale e universale.
«Non siamo qui per metterci in mostra, né per conquistare il mondo e farci lodare – ha spiegato Ciampa – ma per scoprirlo profondamente. È nella nostra indole andare oltre, sconfinare, immaginare nuovi orizzonti. In altre città, come Londra e New York, questo evento si tiene da oltre dieci anni, mettendo in luce talenti, idee e soluzioni. Ora finalmente anche qui, in Vaticano, possiamo offrire questa opportunità».
Ciampa ha ricordato come l’hackathon sia aperto a squadre eterogenee – studenti, professionisti, appassionati – chiamate a collaborare per sviluppare soluzioni innovative. Ha raccontato anche la propria esperienza personale, quando partecipò a una precedente edizione portando un progetto di economia circolare che suscitò l’interesse della Nasa stessa, più esperta in veicoli spaziali che in sostenibilità.
Uno dei momenti centrali dell’incontro è stata la presentazione di cinque delle venti sfide promosse dalla Nasa: percorsi di dati verso città sane e insediamenti umani, con sensori smart per monitorare la qualità dell’aria; dai dati della Terra all’azione, per prevedere cieli più puliti e sicuri attraverso il cloud computing; Farm Navigator, uso dei dati spaziali per un’agricoltura sostenibile; Space Task Hack, rivoluzionario riciclaggio su Marte; la tua casa nello spazio, progettazione di habitat sostenibili per le missioni extraterrestri.
«Quando trovi la soluzione per l’habitat nello spazio, la trovi anche sulla Terra» – ha sottolineato Ciampa – «ed è proprio nei sogni e nell’immaginazione dei giovani che possiamo trovare le chiavi del futuro».
A seguire, l’intervento di Ilaria Di Gaeta, mentor del progetto, ha dato voce a un messaggio più intimo e simbolico. Ringraziando l’ospitalità dell’Abate di Montevergine, ha intrecciato scienza e spiritualità, evocando figure e parole che richiamano la tradizione culturale e religiosa del territorio.
«Questo santuario è uno scrigno di spiritualità e memoria collettiva. Attorno a questa montagna fioriscono da secoli leggende profonde. La tradizione vuole che Virgilio, il poeta che trasformò la parola in incanto, avesse posto su queste vette manufatti invisibili per difenderle dalle forze oscure. Così come lui custodiva la purezza di questi luoghi, anche noi siamo chiamati a forgiare strumenti concreti per difendere la nostra casa comune dalle minacce del nostro tempo: la devastazione ambientale e l’indifferenza. La Laudato si’ ci ricorda che tutto è connesso: ambiente, dignità umana, giustizia sociale e spiritualità».
Un legame tra conoscenza, responsabilità e speranza che ha trovato eco nelle parole di Padre Prem Xalxo, della Pontificia Università Gregoriana. Il gesuita ha illustrato il Joint Diploma in Ecologia Integrale, un percorso formativo nato dall’alleanza tra le università e gli atenei pontifici di Roma per tradurre in educazione e ricerca l’enciclica di Papa Francesco.
«Abbiamo iniziato questo progetto per promuovere la consapevolezza ecologica e la cura della nostra casa comune. È la prima volta che le università pontificie hanno dato vita a una collaborazione di questa portata. Papa Francesco ci ha incoraggiato personalmente, benedicendo l’iniziativa. Oggi, con il Nasa Space Apps Challenge, si apre un nuovo capitolo di questa missione educativa e condivisa».
Il convegno si è concluso con un ulteriore intervento di Ciampa, che ha voluto riportare l’attenzione sul valore umano e comunitario dell’iniziativa:
«Territorio moderno non si nasce, ci si diventa. Solo collegando la memoria al presente e la creatività al futuro possiamo costruire qualcosa di concreto. E ve lo dice un sognatore. Senza mia moglie, senza chi mi è accanto, oggi non saremmo qui. Perché sognare è importante, ma è insieme che si costruisce. E oggi a Montevergine questo sogno trova radici e si apre al mondo».
Tra le mura dell’abbazia, scienza e fede hanno trovato un terreno comune: l’urgenza di prendersi cura del pianeta e di guardare allo spazio non come a un altrove lontano, ma come a uno specchio delle sfide che già viviamo sulla Terra. Montevergine si è così fatta crocevia di futuro, tradizione e speranza.
Anna Bembo