di Anna Bembo
Una sala gremita: nella Sala Grasso della Provincia si è respirata la densità della memoria durante la presentazione di “Partigiani e rivoltosi irpini”, il nuovo volume firmato da Anna Giardino, Anpi di Forino-Contrada e Annibale Cogliano, frutto della collaborazione di numerosi studiosi. Un lavoro che non si limita a raccontare la Resistenza, ma la ricolloca in una geografia più ampia, restituendo al Sud e all’Irpinia il ruolo che troppo spesso la storiografia ufficiale ha relegato in secondo piano.
A moderare l’incontro la giornalista Marika Borrelli, che ha voluto sottolineare la responsabilità di ogni iniziativa di memoria: «Se non c’è memoria, non c’è giustizia. Mnemosine, dal greco, è la sorella della giustizia. Le ideologie sono scomparse, e con loro rischiano di sparire gli ideali. Come scrisse Primo Levi: “se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”».
Un libro di riscoperta
Come ha spiegato l’editore Antonio Galetta, presidente della sezione A.N.P.I. Forino-Contrada, il volume nasce da una curiosità divenuta ricerca: «Tutto è partito leggendo la storia di Umberto Romito, ferito in uno scontro il 9 settembre 1943. Da lì abbiamo scoperto un mondo: il 30% dei partigiani proveniva dal Sud, un numero che in Italia complessivamente oscilla tra i 100 e i 140mila, con 137mila riconosciuti ufficialmente. E non bisogna dimenticare le circa 70mila donne che parteciparono: spesso marciavano vestite da uomini, cancellate o sottaciute dalla storia».
Giovanni Capobianco, presidente provinciale ANPI, ha ricordato come «Questo libro offre a tutta la provincia la possibilità di guardare al passato con consapevolezza. Racconta storie rimaste ai margini, come quella di Nino Coppola di Fontanarosa, insegnante elementare e comandante partigiano, salvato da una monaca e morto poi di tubercolosi negli anni ’70».
Le voci degli autori
Anna Giardino ha sottolineato il lavoro capillare dietro al volume: «Abbiamo trovato famiglie nei comuni, altre erano emigrate. Ci sono partigiani di cui nessuno ha conservato traccia. La storia che mi sta più a cuore è quella di Elide Brusadin perché è quella che più ci ha fatto tribolare, la cui scheda era persino compilata in modo errato. Sono convinta che l’elenco sia incompleto: ci sono ancora nomi da ritrovare, monumenti da leggere, memorie da riportare alla luce».
Annibale Cogliano, con un intervento denso e appassionato, ha legato la memoria della Resistenza al presente: «La memoria non è il passato, ma uno strumento per capire l’oggi. Non esistono storie minori: ogni storia contribuisce al mosaico della storia globale. Dobbiamo avere il coraggio di guardare anche alle ombre, di non separare etica, politica e cultura. La Resistenza non fu solo del Nord, ma un fenomeno nazionale, intrecciato con la vita civile e con il sacrificio di chi, anche qui, scelse di non voltarsi dall’altra parte».
Giorgio e la memoria familiare: il cuore dell’incontro
L’intervento più emozionante è stato quello di Giorgio Millesimi, discendente delle partigiane Elide e Delia Brusadin: «Noi siamo eredi di sangue e morali di quelle donne. Ho ritrovato le lettere di mio bisnonno Domenico dal campo di prigionia in Germania: chiedeva aiuto, ma diceva sempre alla famiglia di non privarsi di nulla. Tornò che pesava meno di 40 chili. Quella stessa fame la vediamo oggi nei bambini di Gaza mentre non hanno accesso agli aiuti umanitari, un genocidio. Queste storie ci chiedono di ribellarci. La libertà è una lotta costante. Sono eternamente grato ai miei antenati e gli dedico un pensiero di un attivista ceco Julius Fučík antinazista “nella vita nessuno è spettatore, cala il sipario, uomini vi ho amato, vegliate”».
Raia: la microstoria come chiave del presente
Ciro Raia, coordinatore regionale ANPI, ha insistito sul valore della microstoria: «La Resistenza non è stata una vicenda esclusiva del Nord. È stata un fenomeno complesso, fatto di piccole storie quotidiane, di scelte individuali e di comunità che spesso la storiografia ha dimenticato. Ogni racconto che emerge dall’oblio è un atto di giustizia verso chi non ha avuto voce. Questo libro ci restituisce quella coralità, ci fa capire che il Sud non fu spettatore ma parte attiva: dai sabotaggi alle forme di resistenza civile, dalle rivolte locali all’impegno delle donne. Il partigiano Nino Coppola scrisse “Ne è valsa la pena se la maggior parte di quelli che ho combattuto sono tornati al potere?” Vale la pena se si marcia insieme e si rende omaggio al primo articolo della costituzione “La sovranità popolare spetta al popolo”. Sovranità non è sovranismo: il sovrano non è chi assume il potere con la forza ma è colui che è scelto come guida per andare avanti».
Raia ha richiamato l’urgenza di una memoria viva: «Senza memoria non c’è democrazia. Non serve a nulla un passato imbalsamato nelle celebrazioni: serve una memoria che interroga il presente, che ci fa domandare quale resistenza possiamo praticare oggi, nelle scuole, nel lavoro, nella cultura».
Calò: “Basta con la Resistenza di serie B”
A chiudere la conferenza, l’intervento energico e forte di Vincenzo Calò, segretario nazionale ANPI e responsabile per il Sud: «Basta con la favola della Resistenza di serie B. Quando uomini, donne e bambini muoiono contro il fascismo, quella è Resistenza. E noi i conti col fascismo non li abbiamo mai chiusi: lo vediamo nel linguaggio, nella disuguaglianza, nella perdita di valori come l’accoglienza. Non esiste una memoria che valga meno di un’altra. Esiste una sola storia: quella di chi ha pagato con la vita la libertà che oggi diamo per scontata».
Tre ore intense, che hanno restituito non solo pagine di storia, ma la voce viva di una terra che vuole essere ricordata per ciò che ha dato e non solo per ciò che ha subito.