Un partito vive di iniziative di militanza e di partecipazione, di confronto e di scontro interno, di dialettica politica. Ciò che manca nel Pd irpino. Bisognerebbe interrogarsi sul perché è così ormai da tempo. Da quando per evitare che il partito deflagri irrimediabilmente sotto la spinta centrifuga delle aree, via Tagliamento preferisce sottomettersi, con malcelata e interessata accondiscendenza, ad un commissario dopo l’altro piuttosto che favorire le condizioni per la celebrazione di un congresso vero di militanti.
L’ultimo segretario provinciale eletto è infatti Carmine De Blasio, dimessosi nel 2016: “Spero che con il mio gesto il Pd possa finalmente riprendere il necessario e concreto impegno verso i problemi del territorio. È importante – scrive congedandosi – lasciarsi presto alle spalle questa lunga e negativa fase che non meritano i nostri cittadini, i nostri iscritti, i nostri amministratori”.
Come non detto. Si insedia subito un direttorio, un quadrunvirato composto dai maggiori esponenti politici del Pd di allora: i deputati Valentina Paris e Luigi Famiglietti, il senatore Enzo De Luca e la consigliera regionale Rosetta D’Amelio. E’ l’inizio di una tregua armata, che non serve a ridare agibilità politica al partito.
Nel 2017 il Nazareno prova di nuovo a intervenire e invia David Ermini, braccio destro dell’allora presidente del consiglio e segretario nazionale dem, Matteo Renzi. A Ermini il compito di controllare che il tesseramento si svolga senza brogli, ovvero che non ci siano pacchetti di tessere a nome di pochi grandi azionisti che mirano alla scalata. Insomma, deve scongiurare che il Pd irpino faccia come sempre. Risultano in poco tempo 4mila tessere, in tutto dodicimila se sommate alle iscrizioni dell’anno precedente: troppe anche per la mia Firenze, fa notare il commissario. Niente congresso.
Cambiano i leader Pd e i governi, ma i dem irpini sono sempre senza un segretario, in attesa di un congresso che non arriva mai. Fino a quando il Nazareno non ci riprova e mette a sedere tutti i capi di area intorno ad un tavolo per imporre una nuova tregua. Viene indicato Nello Pizza come segretario. Tutti d’accordo.
Nel 2022 l’accordo è unitario grazie anche alla mediazione di due commissari integerrimi: il deputato pugliese Michele Bordo e Aldo Cennamo, ex parlamentare, storico esponente del Pci.
Per prevenire pasticci, il tesseramento è esclusivamente on line. Qualche irregolarità c’è, Roma aggiusta le cose, chiude un occhio: bisogna andare avanti. Pizza si fa garante di tutte le correnti presenti in assemblea. Da una parte il fronte regionale che si attesta a circa il 60 per cento, grazie ad Enzo De Luca, Roberta Santaniello, Rosetta D’Amelio e il consigliere regionale Maurizio Petracca; dall’altra parte il fronte guidato dall’ex deputato Umberto Del Basso De Caro, da Livio Petitto e da Gianluca Festa, che si spartiscono il 41 per cento.
Percentuali che oggi non significano più nulla. Petitto milita nel centrodestra, da capogruppo di Moderati e Riformisti in consiglio regionale; a Festa, ex sindaco, viene ritirata la tessera perché alle amministrative è candidato contro il Pd.
Gli organi di partito sono comunque ancora datati 2022. Anche l’elezione di Elly Schlein non provoca scossoni né apre una riflessione. Neppure il voto nel capoluogo ravviva il dibattito. O meglio, via Tagliamento decide che in autunno ci dovrà essere il congresso cittadino. Perché un segretario ad Avellino manca da un po’, da quando si dimise Francesco Barra: era il 2009.
C’è chi chiede inoltre un congresso provinciale. Non perché Pizza non vada più bene, ma per permettere ai militanti, una volta tanto, di votare, di dire la loro, di aprire bocca e formulare e scegliere una mozione che possa ispirare la politica del partito.
La questione allora è: un congresso cittadino o provinciale per fare cosa? Non per eleggere o rieleggere un segretario, bensì per discutere dello sviluppo possibile delle aree interne, dello spopolamento, delle nascite, dell’emigrazione, della desertificazione, dell’industria e del lavoro, dell’acqua che manca tutti i giorni, delle infrastrutture, di strade e ferrovie che non ci sono, di scuole senza alunni, di sanità pubblica sempre più privata, di borghi desolati e isolati, senza servizi, una assise pd per parlare di tradizioni, paesaggi e bellezze poco valorizzate d’Irpinia, per discutere delle formidabili opportunità di sviluppo del territorio, delle eccellenze, di imprenditori e operai coraggiosi, con radici solide, di giovani intraprendenti e un po’ temerari, visionari che scommettono sulle aree interne, su una terra rigogliosa e ricca di natura, di cultura e di intelligenza.
Per parlarne servirebbe un congresso vero, che non si esaurisca solo in una battaglia per legittimare una piccola oligarchia alla guida, che non abbia come risultato la divisione su correnti e persone che dovrebbero incarnarle, che non sia uno scontro per vagliare decisioni di potere interno e per sabotare la democrazia elettorale – senza riuscire comunque a contendere consenso e spazio politico ad altri partiti – ma un congresso che sia momento di incontro, una occasione per trovare i mezzi per affermare una soluzione ad un problema, uno solo dei tanti. (Antpica)