Il professore Adriano Giannola smonta la propaganda governativa sulle magnifiche sorti e progressive del Sud, che secondo la premier Giorgia Meloni sarebbe in ripresa, e lo sarà ancor di più con il piano Mattei, la Zes unica e l’autonomia differenziata. Non è così per il presidente di Svimez, che in una intervista esclusiva al Corriere dell’Irpinia parla del Paese reale, dei problemi veri del Sud e dei rischi del regionalismo spinto, che finirà, dice, per affossare anche il Nord.
Professore Giannola, l’ultimo report della svimez rileva che il sud cresce più del nord, ma si tratta di una congiuntura favorevole dovuta ai fondi Pnrr. Poi che succede?
«Detto in parole molto povere si sta correggendo il sistematico sottofinanziamento del sistema infrastrutturale del Sud. Tutta la spesa pubblica del Mezzogiorno era stata praticamente delegata ai fondi di coesione, che sono sostitutivi e non aggiuntivi. La conseguenza era stata una ripresa del divario Nord-Sud, che aveva raggiunto lo stesso dato degli anni Cinquanta. Ora, l’inversione di tendenza che si sta verificando è legata all’effetto di domanda finanziato col Pnrr. Abbiamo scoperto che il Sud non è morto ma stava solo morendo di fame. Il vero problema è se, oltre a questa ripresa, c’è qualcosa di ulteriore, se possiamo aspettarci un cambiamento strutturale. Se, quando verranno esauriti i finanziamenti, si tornerà alla crescita zero».
Lei cosa prevede?
«La nostra impressione è che di strutturale non ci sia granché, sia al Sud che al Nord. Le opere infrastrutturali, le scuole, la digitalizzazione sono un modo di spendere fondi, ma la prospettiva non è felice, anzi non esiste. Il divario infrastrutturale non sarà colmato, non abbiamo attrezzato i porti, e la Zes unica è solo un mantra terminologico».
Ecco, qual è il ruolo della Zes?
«Dovrebbe essere lo strumento per la ripresa delle attività produttive. Il modello Tangeri ha permesso l’occupazione di 40 mila lavoratori in pochi anni. Nel Sud non mi pare che ci sia qualcosa di simile. L’unica realtà interessante è Gioia Tauro, che si è costruita da sola un pezzo di ferrovia per poter aumentare la sua competitività. Ma rimane un posto isolato, con un enorme retroporto vuoto dove invece si potrebbero insediare tante attività, magari per la trasformazione dei prodotti dell’agricoltura calabrese».
Lei parlava del gap infrastrutturale incolmabile tra nord e sud: non c’è soluzione?
«L’Alta capacità-velocità Napoli-Bari, un collegamento strategico fondamentale perché unisce unisce Adriatico e Tirreno, sarà completata solo nel 2030 – doveva essere pronta 15 anni fa -. Ma il problema di fondo è un altro: qual è la visione di sviluppo del Sud? Si spenderà il Pnrr per fare cosa?».