Solo in alcuni paesini come Santandrea, specialmente quelli dove la vita scorre ancora con un ritmo umano e dove le relazioni tra persone e animali si fondano su rispetto reciproco, vivono i cosiddetti cani di paese. Non appartengono a nessuno, eppure sono di tutti. Non hanno un guinzaglio, ma conoscono ogni strada, ogni volto, ogni porta dove un tempo qualcuno ha offerto loro un po’ d’acqua o un biscottino.
Il cane di paese è un simbolo silenzioso, quasi invisibile, di un alto livello di cultura. Non solo una cultura fatta di libri o titoli, ma quella più autentica: quella dell’empatia, della convivenza pacifica, del riconoscimento dell’altro – anche se a quattro zampe – come essere degno di rispetto.
Libertà e Fiducia: il Patto Non Scritto
Il cane di paese è libero, ma non randagio. Non è abbandonato, ma accolto. Non ha una cuccia fissa, ma trova rifugio sotto un portico, davanti a una bottega, o accanto a un anziano che legge il giornale sulla panchina. Basta poco per diventargli amico: un biscottino, una carezza, un sorriso. Non chiede nulla, ma sa ricambiare con una fedeltà senza catene.
Questa libertà, però, può essere fraintesa. Le persone cattive – o semplicemente chi non conosce l’arte di vivere in armonia – spesso non vedono di buon occhio questi cani. Perché non tollerano ciò che non possono controllare. Perché la bontà e la fiducia, specie se silenziose e gratuite, mettono a disagio chi è abituato a vivere con sospetto o diffidenza.
Cani come Specchi
I cani di paese sono come specchi: riflettono la comunità che li circonda. Dove c’è gentilezza, essi prosperano. Dove c’è paura o ostilità, si allontanano o vengono scacciati. È raro vederli nelle città caotiche, dove ogni cosa deve avere un padrone, una regola, un recinto. Ma nei paesi – quelli veri, non solo per dimensione ma per spirito – i cani vivono liberi, rispettati, e spesso persino protetti dalla collettività.
Sono i custodi silenziosi di una civiltà che non ha bisogno di proclami per mostrarsi. La loro presenza è una forma di poesia quotidiana, un promemoria vivente che la vera cultura si misura anche (e forse soprattutto) nel modo in cui trattiamo gli esseri più indifesi.
Nella foto: la serie santandreana protagonista Masha e il suo grande amico Orso, ogni loro avventura è una metafora della relazione tra il Cane santandreano e il mondo.
Pasquale Vallario