Il 3 giugno si riparte, tutti insieme anche se in Lombardia. Piemonte e Liguria i dati sono ancora preoccupanti. Dobbiamo convivere con il virus e comportarci di conseguenza ma non possiamo aspettare oltre. Il virus ci ha cambiati e noi saremo diversi. Il futuro sarà diverso. Speriamo possa esserlo anche la classe politica. E’ una crisi epocale e per uscirne si ha bisogno di maggiore concordia nazionale, di un patto per le riforme, di progetti e capacità di realizzarli. Pensare ad un nuovo modello di sviluppo che abbia al centro il lavoro e la dignità del lavoratore; che sia più eco compatibile e che sia finalizzato a ridurre le disuguaglianze. La crisi che stiamo vivendo oltre ai tanti guai ci dà anche una opportunità che dovremo saper cogliere per uscire dalle secche nelle quali la crescita del Paese si è impantanata negli ultimi trent’ anni. Il governatore della Banca d’Italia, Visco, nelle considerazioni finali, ci ha ricordato che il PIL (che misura la ricchezza del Paese) è sceso ameno 5% e si teme che a fine anno potrebbe arrivare a meno 13%. I disoccupati crescono e i servizi sociali diminuiscono. Perciò bisogna cominciare a crescere. Occorre un nuovo contratto sociale tra Governo, forze sociali, imprese, Istituzioni e società. Forse bisognerebbe riscoprire Keynes e aumentare la domanda interna lanciando un grande piano di investimenti e di lavori pubblici. Per fare tutto questo occorrono le riforme, quelle vere e radicali e non a parole come si è fatto finora. I fondi europei previsti dal Recovery found (per 750 miliardi di euro) sono ingenti e parte a fondo perduto. Bisogna solo saper spenderli. Ma, se vogliamo che i provvedimenti arrivino in tempi rapidi per produrre gli effetti che si propongono, è assolutamente necessario sburocratizzare le Istituzioni. I segretario del PD Zingaretti, in un intervento al Corriere di ieri, scrive: “…concretizzare e far arrivare rapidamente ai destinatari le imponenti risorse programmate in questi mesi è decisivo.”E ancora: “Semplifi – cazione dello Stato e una burocrazia che aiuta e non vieta o ritarda.” Qui sta il problema! Dei 75 miliardi di euro stanziati a favore dei cittadini bisognosi, dei lavoratori e delle imprese, negli ultimi due decreti del Governo, solo in piccola parte hanno raggiunto i destinatari. Gli interventi per essere efficaci devono essere veloci e non trovare ostacoli. Cosa che non accade ancora oggi anche con gli ultimi decreti governativi. L’esempio più clamoroso è dato dal decreto rilancio: 269 articoli in 303 pagine con ben 622 rinvii ad altre norme e, perfino, ad un decreto regio del 1810, e, per l’applicazione del quale, occorrono ben 98 decreti attuativi. E’ un delirio legislativo che ritarda, fino a renderla talvolta inefficace, l’azione del Governo. Così non si va da nessuna parte. Inutili o ininfluenti i vari provvedimenti di semplificazione amministrativa fatti da Brunetta, o dalla Madia e le buffonate alla Calderoli di bruciare con il lanciafiamme scatoloni di leggi. La verità è che la burocrazia non può mai procedere alla propria esautorazione e la politica a rinunciare alla sua autorità di nomina gestione. Né si può pensare, come dice il Premier Conte che “I funzionari pubblici, pur in un’ottica di rigore e trasparenza, devono essere incentivati ad assumersi le rispettive responsabilità” Certo le autocertificazioni, la digitalizzazione, il silenzio assenso possono essere d’aiuto, ma senza una de legislazione e l’abrogazione di numerosissime leggi sulla stessa materia non si ottengono i risultati sperati. Poi c’è burocrazia e burocrazia: quella ministeriale è la più deleteria perché non si assume la responsabilità di tenere a freno i politici dai quali dipende non essendo un corpo autonomo indipendente dai politici come in Francia con proprie regole, statuti e carriere. I funzionari, specie quelli periferici, sono costretti ad applicare le norme spesso, a loro rischio e pericolo e a volte tergiversano. Occorrerebbe un Organo terzo per proporre al Parlamento testi unici coordinati su ogni singola materia abrogando nel contempo, tutte le altre norme duplicate, concorrenti, ripetitive Saranno in grado i partiti che compongono l’attuale maggioranza di farlo?
di Nino Lanzetta