“Il crollo di una parte del cimitero di Sant’Agata dei Goti in provincia di Benevento, avvenuto lo scorso 19 gennaio e che ha visto franare nel sottostante torrente bare e urne, rimanda al crollo del 22 febbraio 2021 che interessò il cimitero di Camogli in Liguria.
Nel caso Sant’Agata dei Goti subito qualcuno si è affrettato ad addossare la responsabilità al torrente sottostante e alle forti piogge che lo avrebbero fatto ingrossare al punto di causare la frana del versante sul ciglio del quale è stato realizzato il cimitero.
Una descrizione abbastanza veritiera se non fosse che la pioggia, il torrente e il versante non hanno mai detto che avrebbero protetto la struttura del cimitero!
La nostra arroganza ci ha portato a costruire d’ovunque senza una pianificazione attenta delle caratteristiche geologiche, geomorfologiche e idrauliche, e la nostra codardia ci porta subito ad addossare alla pioggia, al torrente alla frana le nostre responsabilità”. Lo ha affermato Antonello Fiore, Presidente Nazionale della Società Italiana di Geologia Ambientale.
“Le regole delle aree cimiteriali sono chiare da molti anni: “I campi destinati all’inumazione, all’aperto e al coperto, devono essere ubicati in suolo idoneo per struttura geologica e mineralogica, per proprietà meccaniche e fisiche e per il livello della falda idrica”. La moderna organizzazione dei nostri cimiteri nasce con il “Décret impérial sur les sépultures” – meglio conosciuto come “Editto di Saint Cloud” – che dal 1804 regolamenta la pratica delle sepolture, entrato in vigore nel Regno d’Italia con il nome di “Editto della Polizia Medica” nel 1806.
Se non siamo neanche in grado di garantire sicurezza alle aree cimiteriali – ha continuato Fiore – che per il loro valore spirituale sono state sempre oggetto di massima attenzione, come possiamo proteggerci dagli effetti della crisi climatica? Se non cambia nulla saremo costretti a rincorrere emergenza dopo emergenza, commemorazione dopo commemorazione. Questo episodio è un altro duro colpo alla politica intesa come gestione del territorio occupato dalle nostre attività, da quelle opere funzionali al nostro vivere inconsapevolmente comodi, finché non si verifica la prossima frana, alluvione o terremoto. La mancata pianificazione, i mancati controlli, l’abbandono del territorio, la mancata manutenzione, il mancato monitoraggio, i mancati interventi non portano ad altro risultato che vedere bare franare con 217 anni di regole disattese”.