Un romanzo sulle periferie che richiama alla mente uno dei peggiori fatti di cronaca degli ultimi anni, ma che è anche la storia dell’impegno disinteressato di generazioni di giovani a tutela dei più deboli. E’ “Primammore” di Titti Marrone. Sarà la giornalista partenopea a raccontare il suo romanzo il 28 marzo, alle 18.30, alla libreria Mondadori, in un confronto con Bianca Palladino. Seguiamo così Marco giovane giornalista costretto a scrivere un pezzo di cronaca sulla terribile morte di una bambina a Caivano volata da un balcone dell’ultimo piano di un palazzone popolare. Marco si rivolge a sua madre Costanza, maestra elementare e vera protagonista di tutto il romanzo. Ad emergere sarà un terribile giro di pedofili degli stessi abitanti di quel palazzo composto anche da amici e parenti dei bambini convolti. A rivivere nella ricostruzione di Costanza il volto più terribile delle periferie ma anche il periodo indimenticabile e luminoso della cosiddetta Mensa dei bambini proletari che mobilitò giovani e meno giovani da tutto il paese. Un romanzo che parla soprattutto di donne, come le madri e le mogli omertose che fanno finta di non vedere i crimini dei loro figli o che sono in prima linea nelle piazza di spaccio o ancora come le militanti dei movimenti giovanili che si organizzano nel movimento femminista e hanno il coraggio di ribellarsi al sessismo dominante.
E’ la stessa autrice a spiegare che “Ci sono storie affiorate dalle cronache che più di altre ti restano appiccicate addosso. E poi ci sono incontri con chi quelle storie le ha vissute nella propria carne: per me, quello con Mimma. La vidi per la prima volta nell’aula di un tribunale, sembrava assai più giovane dei suoi venticinque anni. Il processo era quello per l’omicidio di sua figlia di sei anni, vittima di abuso reiterato da parte di un vicino di casa, che poi la aveva scagliata oltre la balaustra del terrazzo del casermone in cui vivevano. Di Mimma mi colpirono il suo viso da bambina afflitta, l’andatura incerta, il suo guardarsi intorno come chi cerchi un anfratto per nascondersi. Dieci anni dopo la incontrai per dirle del libro che volevo scrivere, ispirato liberamente al feroce abuso sulla sua piccola. Ero già a buon punto nella costruzione della storia, ma non potevo immaginare che quell’incontro avrebbe rivoluzionato l’impianto del mio romanzo”.