Ad Ariano Irpino nella nottata tra il 19 e il 20 ottobre si è consumata l’ennesima tragedia all’interno di un istituto penitenziario italiano. Joseph Luki, cittadino nigeriano di circa 40 anni, è stato trovato privo di vita all’interno della sua cella La scoperta è stata fatta all’alba dagli agenti.
Il giovane, di 29 anni si è tolto la vita impiccandosi. Quando sono stai allertati i soccorsi, non vi era ormai più nulla da fare. Sul posto il personale di polizia penitenziaria che ha subito allertato la direzione.
Sconosciuti i motivi del tragico gesto. Indagini in corso da parte degli inquirenti. La salma è stata trasferita nell’obitorio dell’ospedale Rummo di Benevento su disposizione della magistratura per gli accertamenti medico legali.
L’uomo lascia una moglie e due figli piccoli. Il Procuratore della Repubblica di Benevento ha disposto l’esame autoptico, la salma è stata trasferita presso l’Ospedale “San Pio” di Benevento per gli accertamenti medico-legali. In Italia siamo, con quello di Ariano Irpino, al sessantottesimo suicidio, dato allarmante, di cui il sesto in Campania (dall’inizio dell’anno: due suicidi a Poggioreale, due suicidi a Secondigliano, un suicidio a Benevento ed uno a Santa Maria Capua Vetere).
Sul suicidio di stanotte del quarantenne Joseph Luki interviene, il Garante campano delle persone private della libertà personale Samuele Ciambriello :“L’emergenza, l’epidemia dei suicidi sembra non arrestarsi. C’è un vero e proprio pugno nello stomaco nell’indifferenza sia della politica che della società civile. Il governo, dalla sua parte, nega addirittura che ci sia un allarme legato ai suicidi.Come Garanti abbiamo richiamato più volte l’appello-denuncia del Presidente Mattarella al rispetto della dignità di ogni persona, dei suoi diritti, anche per chi si trova in carcere. L’alto indice di suicidi è prova di condizioni inammissibili, tra cui quelle del sovraffollamento >>
Le motivazioni che portano al suicidio sono molteplici, l’attenzione per noi è una emergenza intollerabile – aggiunge Ciambriello, scolpita in quei numeri che indicano che nelle carceri si continua a morire. Se poi a questi numeri aggiungiamo anche già le 36 morti in carcere per cause da accertare ci rendiamo conto di questo interminabile supplizio.
La politica deve intervenire sul sistema penitenziario, non agendo solo in modo pomposo sulla comunicazione della creazione di più posti e di ulteriori carceri, ma implementando il numero del personale educativo, degli psicologi, dei mediatori linguistici e, infine, ma non per importanza, anche sulla creazione di più misure alternative al carcere” conclude il Garante Ciambriello.


