Di Matteo Galasso
Negli ultimi mesi abbiamo assistito a due tragedie che hanno colpito profondamente l’animo di milioni di italiani: entrambe provocano solo al pensiero la stessa rabbia e lo stesso senso di impotenza davanti a ciò che poteva essere evitato e non lo è stato e per questo non può che esserci rassegnazione. Ma quando determinate scelte di un individuo possono comportare la perdita della vita di un suo simile, la rassegnazione non basta. La morte sul lavoro di Luana d’Orazio e la tragedia della funivia che collega la cittadina di Stresa, in provincia di Verbania, al Mottarone, sono due esempi di tragedie evitabili.
In Italia sono in molti gli attivisti politici e i sindacalisti che si battono per la sicurezza nei luoghi di lavoro e tanti altri quelli che rivendicano una garanzia per i lavoratori in tutte le infrastrutture del Paese: ma eventi del genere continuano a verificarsi ogni giorno. È impensabile che nel 2021 il lavoro uccida ancora, così come è inaccettabile che delle famiglie che abbiano scelto di trascorrere un giorno in montagna, dopo un inverno rigido e duro per via delle restrizioni emergenziali, debbano precipitare per centinaia di metri e morire tra le lamiere contorte di una cabina di metallo.
Due eventi che sono stati causati dalla leggerezza di chi doveva sorvegliare: secondo la perizia tecnica effettuata sul luogo della morte della giovane Luana, la saracinesca di sicurezza dell’orditoio nel quale la ragazza è deceduta sarebbe stata alzata attraverso una manomissione del quadro elettrico, per cosa? Per aumentare la produttività dell’orditoio, che con il meccanismo di sicurezza attivo sarebbe stato decisamente meno efficiente, date le interruzioni che garantivano alla protezione di funzionare.
Se quest’ipotesi – già acclamata e testimoniata dal fatto che anche l’orditoio annesso presenta una manomissione meccanica che lo vede addirittura privo della fotocellula di sicurezza – dovesse essere confermata dalla Procura, ciò vorrebbe dire che la morte di una madre lavoratrice di 22 anni è stata causata non da una sua distrazione, ma dalla mancanza di una fondamentale protezione che ne tutelasse l‘incolumità.
Per quanto riguarda l’incidente della cabina numero 3 della funivia Stresa-Alpino-Mottarone del 23 maggio costato la vita a 14 persone, la manomissione che avrebbe disattivato il freno di emergenza è subito stata confermata dalle autorità competenti. Il freno era stato manomesso dalla riapertura della struttura ad aprile con lo scopo anche qui di ottimizzare l’impianto e renderlo più efficiente ed evitando interruzioni di servizio. Per questo motivo è stato posizionato a ridosso dei freni un forchettone che ne impedisse l’attivazione. Le immagini rese pubbliche pochi giorni fa mostrano proprio la cabina, giunta a destinazione, impennarsi e iniziando a scivolare all’indietro sempre più velocemente fino a cadere nel vuoto. La funivia è composta, infatti, da una fune trainante e una portante, sulla quale si attivano i freni. In questo caso quella trainante si è spezzata e la funivia è scivolata lungo quella portante, sulla quale si sarebbero dovuti attivare i freni.
Questi due sono solo gli ultimi gravi incidenti dovuti all’assenza di tutte le protezioni necessarie a garantire la sicurezza delle infrastrutture e sui luoghi di lavoro.Nonostante il trendannuale delle morti sul lavoro sia in diminuzione, grazie all’aumento dei controlli di verificadel rispetto dei protocolli di sicurezza e, nell’ultimo anno, anche grazie all’emergenza sanitaria – che ha costretto molti dipendenti a lavorare in smartworking –nuovi casi di morti sul lavoro sono, nel nostro Paese, all’ordine del giorno. L’ultimo dato pre-pandemico dell’Inailevidenzia che i casi mortali denunciati per infortuni sul lavoro nel 2019 sono stati 1179, più di tre al giorno! Dopo il primo lockdown che ha costretto la maggior parte dei lavoratori in casa, diminuendo gli infortuni, il numero dei decessi è addirittura aumentato per il contagio da Covid-19.
Non basta scrivere un tweet per celebrare la data del 1°maggio, Festa dei Lavoratori, per porre fine a questa terribile piaga che nel nostro Paese non è stata ancora emarginata, soprattutto quando a perdere la vita in modo non accidentale è un lavoratore, che paga con la morte una volontaria scelta di ridurre le misure di sicurezza fondamentali da parte di chi quel lavoro lo dà. Tutto ciò è intollerabile ancora nel 2021. Un Paese che abbia davvero a cuore la tutela dei suoi lavoratori ha il dovere di aumentare i controlli non solo sui sistemi di produzione e trasporto persone ma sugli stessi imprenditori che – sempre per il massimo profitto – eludono non solo il Fisco ma tutti i doveri conquistati in anni di lotte sindacali per l’applicazione delle reali regole di sicurezza nei luoghi di lavoro. Allo stesso tempo è necessario, oltre che inasprire i controlli, rivedere tutti i problemi infrastrutturali destinando più fondi a una manutenzione controllata e assistita attraverso sistemi moderni e informatici invece che concentrarsi continuamente in nuovi mega progetti, spesso neppure utili, con la promessa di dare nuovi posti di lavoro: ma a quale prezzo? Nuove tragedie non devono più ripetersi e la storia di Laura e della cabina precipitata nel vuoto con tutte le sue vittime innocenti siano monito per tutti e una concreta lezione per il futuro.