Quasi 9 milioni di euro per una quota di mercato che supera il 30% del totale dell’export in Irpinia. Basta questo dato, relativo al valore delle vendite del vino verso gli Usa, per farsi un’idea degli effetti nefasti che sono destinati a produrre in Irpinia i dazi imposti dalla Casa Bianca all’Unione europea. Gli Stati Uniti rappresentano infatti la prima destinazione in valore per l’export dei vini di Irpinia (nel 2024 le esportazioni hanno toccato i 7 milioni di euro, in crescita del 25,9% rispetto all’anno precedente). Su un totale dell’export dei vini irpini di oltre 22 milioni di euro, le vendite verso gli Usa rappresentano il 30,8% del totale.
Ma il vino è solo la punta dell’iceberg di una questione ben più complessa e articolata, che ha già iniziato a produrre i primi effetti. Secondo i dati ufficiali dell’European Statistical Office (Eurostat) e del Ministero dello Sviluppo Economico, nel 2024 il valore dell’export provinciale di Avellino si attestava intorno ai 1,2 miliardi di euro, con una crescita media annua del 2,5% rispetto al 2023. Per il 2025, però, anche alla luce dei nuovi scenari che si vanno definendo, le previsioni ufficiali aggiornate al primo trimestre indicano un potenziale calo dell’export tra il 4% e il 6%, a causa di tariffe più alte e di barriere non tariffarie che hanno reso più costoso e complesso l’accesso ai mercati esteri. Un quadro destinato a peggiorare all’indomani del prossimo primo agosto, quando per l’Unione Europea scatterà il dazio doganale del 30% su tutti i prodotti inviati negli Stati Uniti.
Agricoltura e agroalimentare sono i settori più esposti: le produzioni di olio d’oliva, vino, frutta e formaggi rappresenta circa il 40% dell’export provinciale. I dazi introdotti sui prodotti alimentari italiani da parte di alcuni paesi europei e di terzi paesi hanno già provocato una diminuzione delle vendite all’estero, stimata, secondo i dati di Confagricoltura Avellino, in circa 80 milioni di euro nel 2024, pari a poco meno del 7% del totale dell’export agricolo. Ridurre l’export vuol dire mettere in crisi decine e decine di aziende, con il rischio di vedere cancellati un migliaio di posti di lavoro.
Nubi nere e minacciose si addensano anche su altri settori, come le aziende di produzione di componenti meccanici, tessuti e calzature che hanno già subito un incremento dei costi di esportazione a causa dei dazi sulle materie prime e sui prodotti finiti. Nel 2024 l’export potrebbe ridursi di circa 50 milioni di euro, con un calo del 5% rispetto all’anno precedente. Si prevede una riduzione del 3-4% dell’export per i prodotti chimici e farmaceutici. Secondo uno studio condotto dall’ISTAT e dall’Osservatorio Economico di Avellino, nel biennio 2024-2025 potrebbero essere circa 150 le aziende irpine costrette a ridurre la produzione o, addirittura, a chiudere. Drammatici gli effetti sull’occupazione, con oltre 2000 posti di lavoro a rischio.