“Non un santino, ma una figura capace di parlare al presente”. E’ il ritratto che consegna il procuratore Domenico Airoma del giudice Rosario Livatino, ucciso dalla mafia nel 1990 e beatificato il 9 maggio 2021, in occasione dell’inaugurazione della mostra “Sub tutela dei” al Carcere Borbonico, promossa dall’Associazione Libera Forense e dal Centro di solidarietà di Avellino “Giovanni e Massimo”, che proseguirà fino al 12 novembre. “Non è un percorso rivolto al passato – spiega Airoma – ma al nostro tempo. Quella di Livatino è una figura che parla a tutti noi, non solo ai magistrati ma a chiunque abbia una responsabilità nelle istituzioni. La sua è una lezione che arriva dal proprio stile di vita. E’ un bell’esempio anche per i giovani a cui troppo spesso sono proposte brutte storie. Il male esercita sempre una certa fascinazione sulle nuove generazioni mentre il bene ha bisogno di più tempo per farsi apprezzare. La sua beatificazione è stata provvidenziale, si carica di un valore forte nel momento in cui viviamo. E’ stato un uomo del Sud, nato in una cittadina sconosciuta come Canicattì, è diventato il giudice per eccellenza. E’ bello per i giovani ascoltare una bella storia, quella di un uomo che si è sacrificato in nome dei propri ideali, per il suo senso di giustizia, che non si è mai svenduto. Livatino non ci chiede di essere necessariamente martiri di sangue, ci ricorda che esistono diverse forme di sacrificio come quello legato alla capacità di fare ogni giorno il proprio dovere”. Ricorda come la fede è sempre stata al centro del suo impegno “Ma l’errore è quello di farne una figura confessionale, di un giudice “cristiano”, in lui la fede è intesa come senso verticale di ciò che facciamo, ci insegna che tutti possiamo ambire a una dimensione spirituale”. Airoma spiega di aver studiato a lungo la sua figura “Ho fatto un’indagine personale su Livatino, sono andato in Sicilia, sono stato affascinato da questa figura, ho ascoltato tante testimonianze, dagli amici e colleghi d’ufficio all’insegnante di liceo. Mi aveva colpito che nel parlare dell’attentato da lui subito sui giornale si sottolineava come un giudice fosse stato ucciso ma non si facesse neppure il suo nome. E’ sempre stato un uomo riservato, discreto che parlava attraverso le sue azioni. Tanti gli aneddoti legati alla sua figura. Ne ricordo uno in particolare. Il 15 agosto si recò in carcere per scarcerare personalmente un uomo, quel giorno scadeva la custodia cautelare e non voleva che restasse in prigione un di giorno di più, consapevole del valore della giusta pena. Non faceva chiacchiere ma ha sempre vissuto nel segno della coerenza”. A partecipare alla cerimonia il prefetto Paola Spena, il questore Nicolino Pepe e don Marcello Cannvale in rappresentanza della diocesi.
La mostra ripercorre attraverso pannelli illustrativi la storia del giudice, dalla sua formazione agli ideali cristiani diventati perno della sua esistenza, dall’impegno come giudice, fino alla morte avvenuta il 21 settembre 1990 sulla SS 640 Caltanissetta-Agrigento all’altezza del viadotto Gasena (in territorio di Agrigento) mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa nostra. Era a bordo della sua vettura, una vecchia Ford Fiesta color amaranto, quando fu speronato dall’auto dei killer. Già ferito da un colpo ad una spalla, fu raggiunto dopo poche decine di metri e freddato a colpi di pistola. Di forte suggestione la rievocazione attraverso effetti sonori di quell’attentato. A lungo aveva indagato sui rapporti che rivelavano luce gli interessi economici e gli affari della mafia a partire dalla guerra di mafia a Palma di Montechiaro.
Ad accompagnare la mostra sarà anche un momento di confronto “Il compito quasi sovrumano del giudicare: l’eredità di Rosario Livatino”, in programma il 9 novembre alle 16. A relazionare saranno il procuratore Airoma, l’onorevole Chiara Colosimo, presidente Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie, l’avvocato Carlo Torti della Libera Associazione Forense. In occasione della mostra il Duomo di Avellino ospiterà la reliquia del Beato Rosario Livatino, la camicia da lui indossata al momento della morte