AVELLINO – Tra le prime reazioni di questo “day after” per la sinistra avellinese, registriamo quella del candidato Pd alle Europee Francesco Todisco: “Intanto, vorrei ringraziare Antonio Gengaro per esserci stato e ringraziarlo anche per aver dato, coraggiosamente, la propria disponibilità a essere candidato in tempi non sospetti; quando il suo antagonista avrebbe potuto essere Gianluca Festa. Desidero, contestualmente, formulare a Laura Nargi, nuova sindaca della città, l’augurio più sincero perché possa lavorare nell’interesse della nostra Avellino. Detto ciò, siamo, in questa città, alla terza lezione consecutiva per il centrosinistra: sarà bene che questa possa essere la volta buona per apprendere qualcosa”. E non le ha mandate a dire, pubblicando sui suoi canali social un lungo e dettagliato elenco di errori, andando a colpire al cuore i suoi stessi compagni di partito e le strategie politiche messe in campo insieme all’intera coalizione del campolargo di centrosinistra.
“Desidero sottolineare qualche elemento che sarà utile tenere a mente per il futuro. Gengaro perde per le narrazioni sbagliate che sono state costruite in questa campagna elettorale (come nelle precedenti due). La prima, non esistono due città che si contrappongono: una complice di malviventi e una sana e onesta. Esiste un’unica comunità. Complessa, con numerose sfaccettature, con diversi bisogni, con diverse aspirazioni. Chi si candida a guidare una comunità, e non mi riferisco solo al candidato sindaco, deve saperla ascoltare nel suo disagio e nelle sue aspettative. Nella sua unità. Chi ha votato Nargi non è complice di un sistema criminale. Ha espresso un giudizio sull’operato dell’amministrazione uscente. E su questo punto tornerò dopo”.
“La seconda: superiamo una volta per tutte l’idea che esista un centro città, illuminato e progressista, e una periferia, populista e ‘plebea’ che, essendo più numerosa, vince sul centro. Chi lo pensa, non mette il naso fuori dal Corso e da Piazza Libertà da anni. A Rione Parco, a San Tommaso, a Rione Mazzini, a Borgo Ferrovia, a Valle, a Picarelli, a Contrada Bagnoli e così via abitano giovani professionisti, persone che vivono della dignità del proprio lavoro, competenze, intelligenze e non sacche di sottosviluppo e di mediocrità come qualche spocchioso va pensando. Anzi, proprio da queste periferie arriva una spinta a ripensare la città per nuovi bisogni che una certa idea di centrosinistra avellinese non ha saputo più leggere e interpretare”.
“La terza: per fortuna e ribadisco per fortuna, le elezioni amministrative non sono un tribunale sotto altre vesti. Non è il luogo dell’emanazione di verdetti che competono, per fortuna, a tutt’altre autorità. A chi ha giovato definire Nargi, dal palco del comizio, ‘galeotta giuliva’? A chi ha giovato la veemenza giustizialista espressa in questa campagna elettorale? A chi ha giovato richiamare una sorta di referendum fra onesti e complici? Ancora, rabbrividisco a vedere delle immagini di ieri in cui alcuni candidati del centrosinistra hanno fatto il segno delle manette ai sostenitori della coalizione vincente (certamente, da parte loro, non giustificabili nell’aver festeggiato sotto il naso degli sconfitti)”.
“Ben altra cosa, sarebbe stata affermare una visione politico amministrativa di discontinuità rispetto all’amministrazione uscente rispetto alla mancata pubblicazione delle delibere, ai modi con cui è stato governato e diretto (anzi, mortificato) il confronto nell’aula consiliare, alla gestione amministrativa, tutta da censurare, dei concorsi svoltisi ad Ariano e a tante altre cose che attengono alla sfera del giudizio politico amministrativo”.
“La quarta: esistono anche altri intellettuali cittadini, oltre i soliti dei soliti manifesti. Qualcuno, addirittura, udite udite, ha meno di quaranta o di trent’anni. La cultura non appartiene a qualcuno o ai soliti noti, ma, prendiamone atto, esistono intelligenze colte in questa città (e che in questa città hanno deciso di restare) che non guardano a questo Centrosinistra. È un nostro dovere provare ad ascoltarle”.
“Ma veniamo al punto decisivo: non abbiamo elaborato un’idea di città in cui gli avellinesi si siano riconosciuti e abbiamo sottovalutato le ragioni per cui si sono riconosciuti nella città realizzata dall’amministrazione Festa.
Si è detto tanto degli eventi. L’abbiamo ridotta a ‘panem et circenses’, senza approfondirne appieno la portata. Intanto, esiste un’economia intorno agli ‘eventi’ su cui adesso si strutturano studi universitari e post-universitari, poiché attiva processi economici che possono avere una dimensione importante per le realtà urbane. Abbiamo detto che a goderne sono stati solo i commercianti, quasi come se questa fosse una categoria di serie b, e non uno dei pilastri della nostra comunità”.
“Non abbiamo detto ciò che, invece, avremmo dovuto dire: che gli eventi non hanno senso se sono episodici e se non si costruiscono condizioni per la loro continuità. Avremmo dovuto rilanciare sugli eventi e non demonizzarli come il contentino che l’amministrazione uscente aveva pensato per il popolo fesso, stupido e mediocre. Abbandonare la nostra spocchia, capirne il valore e pensare a una cornice per costruire una politica degli eventi che li migliorasse, li rendesse più belli, più attraenti, più stabili, più sostenibili (da un punto di vista della regolarità amministrativa e dell’attrazione di fondi) e soprattutto più strutturali, tali da potervi costruire un’economia cittadina”.
“E, ultimo e forse decisivo, punto: siamo sicuri che il voto di continuità a Nargi sia arrivato solo per la maggiore vivacità della città, intorno agli eventi, o perché non ci sia stato dell’altro? Provo a dare qualche spunto.
Molte delle cose realizzate dall’amministrazione Festa sono figlie di un lavoro fatto dalle precedenti giunte (ma quale amministrazione non eredita problemi e opportunità dai propri predecessori?), altre cose sono state solo annunciate o pronunciate. Ma, in entrambi i casi, c’è stato gradimento. Alcuni esempi: il completamento di Piazza Castello, l’idea (pronunciata ma piaciuta) di riportare il Municipio a Palazzo De Peruta, un accenno (per me ancora troppo timido) di lotta ai privilegi dei soliti noti proprietari di questa città che ci hanno lasciato coi ‘buchi neri’ nel centro città, da quarantaquattro anni, senza che nessuno osasse toccarli”.
“Sono solo esempi di cose portate a termine (anche con merito altrui) o pronunciate (senza essere definitivamente o ancora realizzate) che però hanno trasmesso ai cittadini un’idea che è stata apprezzata.
Noi avremmo dovuto lanciare idee per la città, che parlassero a chi la vive oggi e non a chi l’ha vissuta ieri. Non abbiamo avuto il coraggio del presente, che in fondo spaventa pure un po’ qualcuno, richiamando una nostalgia del passato che pochi avvertono”.
“Prendete questo post, per quello che è: nessuna accusa. Nessun colpevole. Ma un’assunzione di consapevolezza: che la storia ha senso se insegna qualcosa. Altrimenti è tempo che scorre inutilmente. E se la storia si ripete per la terza volta consecutiva senza che poi nulla cambi, vuol dire che per il Pd avellinese e per l’intero centrosinistra tutto questo tempo è scorso inutilmente. Mi piacerebbe che questo tempo diventi storia anche per noi”.