“Una donna profondamente moderna, anticonformista, capace sempre di rimettersi in gioco, malgrado i durissimi colpi del destino”. E’ il ritratto della regina Maria Sofia che consegna Nadia Verdile nel suo libro “Niente è perduto. Maria Sofia Wittelsbach. La regina senza regno”, Pacini Fazzi editore, presentato questo pomeriggio alla libreria Mondadori nel corso di un incontro promosso dall’Accademia dei Dogliosi. Un confronto moderato da Gianluca Amatucci e introdotto dal professore Fiorentino Vecchiarelli. “Ha 18 anni – spiega Verdile – quando diventa regina, suo marito Francesco II di Borbone sale al trono del Regno di Napoli, dopo la morte di re Ferdinando. Un matrimonio voluto dalla famiglia per rafforzare il legame tra la corona d’Asburgo e i Borbone-Napoli. Dalla corte degli Asburgo, sorella di Sissi, Imperatrice d’Austria, approda alla corte di Napoli. E’ al fianco del marito a Gaeta nel difendere il Regno, incoraggiando i soldati, facendo visita ai feriti. A dare loro rifugio sarà lo Stato Pontificio, per poi tornare in prima linea nella battaglia di Mentana”.
Verdile si sofferma, poi, su una delle pagine più dolorose della sua vita, il vile fotomontaggio di cui sarà vittima. Un’azione promossa dal comitato filopiemontese presente nello Stato Pontificio per screditare lei e il Regno. Vengono assoldati un fotografo e una prostituta per la realizzazione di immagini volgari e pornografiche, sul corpo della prostituta compare il volto di Maria Sofia. Le immagini vengono inviate in tutte le corti, suscitando sdegno e sconcerto. La reazione di Maria Sofia è di grande intelligenza ma giura vendetta ai Savoia. Poichè “I regni si possono perdere ma chi ci toglie la dignità deve pagare”. Un dolore che si affianca a quello dettato dalla ragion di stato, “malgrado sia sposata con Francesco II, il suo matrimonio per dieci anni non viene consumato a causa della malattia del marito. Maria Carolina si innamora della guardia del corpo da cui ha una figlia. Costretta, poi, a nascondere quella gravidanza torna in Baviera dalla sua famiglia che le impone di rinunciare a quella figlia e all’uomo che ama. A prendersi cura della bambina sarà la sorella. Malgrado ciò, non smette di scrivere e di conservare un legame con l’uomo che ama, fino alla morte di lui per tubercolosi, a cui seguirà quella della piccola Matilde. Intanto, confessa tutto al marito che la perdona, hanno finalmente una bambina, Maria Cristina ma muore dopo tre mesi. Sono costretti all’esilio in Francia ma neppure dopo la morte del marito si dà per vinta, apre una boutique e vende pizzi realizzati in un orfanotrofio, infine, mette su un allevamento di cavalli e vive delle somme vinte alle corse”.
Un ritratto a tutto tondo, quello che consegna Verdile, dal rapporto conflittuale con la matrigna Maria Teresa alla corte che riuscirà a riunire intorno a sè in Francia frequentata da anarchici e socialisti, legittimisti e papalini accomunati dall’odio per i Savoia. Non è un caso, infatti, che finirà per essere accusata di essere una delle mandanti dell’assassinio di Umberto I. Fino al legame profondo con la nipote Maria Josè, destinata a sposare Umberto di Savoia “Più volte le chiederà di rinunciare a quel matrimonio, convinta che un giorno avrebbe avuto di che pentirsene e la storia le darà ragione”. Verdile ricorda anche la terribile intervista rilasciata da Maria Sofia, poco prima di morire, al giornalista della Stampa Ansaldo “in cui attaccava duramente i Savoia, un’intervista che sarà censurata per essere pubblicata da Matilde Serao e da Ansaldo solo successivamente. Maria Sofia accusa i Savoia di aver derubato lei e il marito delle loro proprietà e di essere disposti a tutto pur di appropriarsi del regno. Mentre assolve il marito Francesco, al quale non aveva mai smesso di portare rispetto, malgrado non lo avesse mai amato”