È morta Annamaria Gargano, scrittrice dalla penna carica di passione tanto quanto lo era il suo cuore per il paese natale. Un sentimento mai nascosto, né nelle amabili conversazione di quel tempo d’estate che le suggeriva di tornare a calpestare i basoli antichi dei vicoli, odorosi di basilico fresco e di pane appena sfornato, né tra le pagine della sua numerosa produzione letteraria.
Quelle pietre che le erano così care da trarne compiuta ispirazione per i suoi libri. Principalmente le pietre della vecchia processionale, che nel centro storico di Sant’Angelo dei Lombardi dalla chiesetta di San Nicola ti guida in Cattedrale, e quelle metaforiche di un passato lastricato di anni, di volti e di storie vissute come mai.
Era là, nel cuore antico del paese, che si è svolta la giovinezza di Annamaria Gargano e la sua prima maturità, di donna e di insegnante, prima di spostarsi, dopo il matrimonio con Michele Rosania, mio professore al ginnasio De Sanctis, nel palazzo più nuovo del paese, sentinella della piazza e promessa di un futuro mancato per la Sant’Angelo che si era creduta il capoluogo dell’Alta Irpinia senza sapere che di lì a poso sarebbe diventata nientemeno che una capitale… sì, del terremoto.
Ecco, proprio il terremoto, fortunatamente arrivato quando Annamaria era già approdata con la famiglia ad Avellino, nella più borghese e flaccida delle città del meridione, è stata la sua spina nel cuore. Un tormento intimo e persistente che ha ispirato racconti e poesie struggenti, che ancora oggi ci aiutano a comprendere lo stento e ad avere fiducia nelle cose che riconciliano con la vita.
Scrive Isabella Bossi Fedrigotti, nella prefazione al suo “Muri di lillà”: «Annamaria Gargano porta dentro di sé la memoria di uomini e case, di paesaggi, cieli, strade e personaggi. Non memoria nostalgica di cose perdute, di viste d’altri tempi, ma vita vera e viva, nostra, non solo di chi conserva le stesse memorie, ma anche di chi è venuto prima oppure viene dopo, e di tutti quelli che amano le sue pagine perché un sia pur piccolo frammento lo riconoscono e lo condividono».
Ecco, proprio il privilegio ricercato e ambito della condivisione, me l’aveva fatta amare più di quanto non mi fosse già cara per antica consuetudine familiare.
«Michele – mi scriveva omaggiandomi di un suo racconto – nella condivisione di sentimenti, emozioni, ricordi, legati ai luoghi e alle persone che amammo e amiamo, in un presente perenne, ti affido queste mie pagine». A voce mi aggiunse, evidentemente tenendo a mente la lezione pavesiana, che il paese va sempre amato, anche quando, come un amante fedifrago, ti tradisce. Compresi la lezione, che mi arrivava proprio quando in me vacillava proprio quest’amore per il “natio borgo”.
Avevo perso i contatti con lei e quindi anche il piacere delle pur sporadiche conversazioni sulla scrittura e sulla narrazione. Era un piacere ascoltarla e condividere; ma le circostanze della vita sono nel tempo diventate sempre più avare, cosicché, pur non mancando di chiedere ad amici e familiari sue notizie, era saltato il tempo del logos, che non era solo la parola ma ancor più l’insegnamento e la partecipazione.
Non mi ha abbandonato, però, il convincimento di continuare a camminare lungo le stesse strade che si ritrovano nelle “storie sedute” della sua incantevole raccolta “Dissonanze”.
D’altronde, e prendo ancora in prestito le parole della Fedrigotti, non ho forse, anche con i miei racconti e i miei romanzi, «camminato sugli stessi sentieri di Annamaria, evocato come lei, allo stesso modo suo, i cari che non ci sono più, rimpianto come lei una voce, un gesto, l’espressione di un viso, un’abitudine perduta, una domestica innocenza, un’età in cui c’era ancora tanto da sperare, sperare, sperare?»
Ora torna a casa da spirito libero, Annamaria, per trovare pace nella tomba di famiglia; là dove da tempo giacciono i suoi, le figure più dolci del tempo quando i muri si rivestivano di lillà e i vicoli odoravano di pane fresco: la madre Menina e il padre Rocco, che ha amato più di ogni altro suo caro. A noi non resterà che affidarci alle sue pagine. Con fiducia!
Michele Vespasiano