“Basta accuse e strumentalizzazioni: siamo i primi ad avere a cuore il territorio, oltre che la sicurezza dei lavoratori. Noi stessi, con le nostre famiglie, viviamo in quelle zone, a pochi chilometri dallo stabilimento. Abbiamo già chiesto alla Prefettura la convocazione di un tavolo tecnico con l’azienda, i sindaci e gli amministratori e i lavoratori: è giusto e opportuno confrontarsi sul piano industriale e, quindi, sui fatti. Andare avanti con questa sorta di terrorismo psicologico non serve a nessuno”. I segretari provinciali della Fiom Cgil e della Fim Cisl, Giuseppe Morsa e Luigi Galano, provano ad andare oltre la levata di scudi che si è alzata all’indomani della firma dell’accordo con Fonderie Pisano per la reindustrializzazione dell’ex ArcelorMittal.
Prima il Sindaco di Luogosano Carmine Ferrante, attraverso un lungo post pubblicato sulla sua pagina Facebook, poi parte del sindacato e, infine, i cittadini e gli imprenditori dell’area, organizzatisi in comitati: il coro di no al nuovo insediamento che arriva da Luogosano sembra alimentarsi ogni giorno di nuove voci. Un fronte di protesta che ha spinto Fim e Fiom a convocare una conferenza stampa, alla presenza dei lavoratori, per provare a fare chiarezza e a rasserenare gli animi. “Faccio fatica a comprendere quello che sta succedendo, dopo il silenzio che aveva anticipato e accompagnato la definizione dell’accordo con Fonderie Pisano”, osserva Morsa. “L’intesa sottoscritta in Regione lo scorso 21 Novembre, avrebbe dovuto rassicurare tutti, non solo i lavoratori. Siamo stati i primi – sottolinea il segretario della Fiom – a preoccuparci anche della sicurezza. Non vogliamo che ci siano contrapposizioni tra il lavoro e la salvaguardia dell’ambiente: la nostra azione va nella direzione di garantire l’occupazione, ma anche la salute di chi vive nella nostra provincia”.
Il suo auspicio è che il confronto possa spostarsi sul merito delle questioni e, quindi, sul piano industriale e sulle reali intenzioni dei nuovi imprenditori, “senza dimenticare che stiamo comunque parlando di un’area industriale nata per ospitare aziende e fabbriche, in una zona complicata e difficile, sempre più desertificata. Chi oggi alza la voce e protesta, non ha mosso un dito per trovare una soluzione alternativa, per evitare di celebrare l’ennesimo fallimento. Sarebbe un peccato – continua Morsa – perdere un’opportunità importante, soprattutto perché riteniamo che ci siano tutte le condizioni per garantire occupazione ai 33 lavoratori residui e, soprattutto, per dare nuova spinta ad un’area industriale in grande difficoltà. Le divisioni non servono a nulla: è il momento della riflessione e del confronto. Spero che il Prefetto accolga al più presto la nostra richiesta”.
“La stragrande maggioranza di noi vive in quelle zone”, rilancia la Rsu Michele Rizzo, uno dei lavoratori simbolo della vertenza. “Siamo i primi a voler lavorare in sicurezza. La verità è che in questa vertenza ci siamo ritrovati spesso soli, ed è paradossale che oggi, solo oggi, quando finalmente una proposta concreta sembra farsi strada, in tanti avvertano il dovere di far sentire la propria voce per opporsi ad un’operazione di rilancio, parlando peraltro senza alcun riscontro oggettivo e documentato”. Non nasconde le sue perplessità anche un altro lavoratore ex ArcelorMittal, Baldo Di Sessa. “Mi occupo da anni di sicurezza, e continuerò ad impegnarmi in questa direzione. Il nuovo investimento va sicuramente monitorato e controllato, ma queste continue strumentalizzazioni servono solo a creare confusione”.
Anche per Galano non c’è una questione ambientale aperta. “Le autorizzazioni ambientali – rilancia – saranno concesse nel momento in cui sarà stata verificata l’ecosostenibilità di tutta la produzione e che, quindi, il progetto non impatti sulla salute dei lavoratori e delle comunità circostanti. Ritengo che il terrorismo psicologico che sta venendo fuori, e che ci costringe a difenderci dalle accuse di voler scambiare la salute con il lavoro, sia obiettivamente mal posto. In questa fase sarebbe molto più opportuno lavorare tutti insieme alla finalizzazione di un progetto comune, destinato a dare un futuro diverso a dei lavoratori ed all’intera area industriale”. Oltre alla richiesta di convocazione di un confronto in Prefettura, Fim e Fiom hanno sollecitato l’attivazione di due tavoli permanenti, uno per il monitoraggio della bonifica di competenza della multinazionale indiana, e l’altro sul nuovo insediamento produttivo “affinché – conclude Galano – ogni fase si svolga nel pieno rispetto delle normative ambientali e delle migliori condizioni di sicurezza”.



