“Le criticità legate alla gestione dei beni confiscati esistono ma non possono diventare il pretesto per mettere in discussione il sistema, non possiamo non riconoscere la straordinaria conquista rappresentata dal riutilizzo pubblico e sociale dei beni confiscati”. Lo sottolinea Riccardo Christian Falcone, referente campano di Libera beni confiscati, nel corso del confronto promosso presso il caffè solidale Hope. Ricorda l’impegno di uomini come Pio La Torre che hanno pagato con la vita l’impegno a favore della legge che attaccava il patrimonio mafioso e il milione di firme raccolte a favore della proposta di legge 109 sul riuso dei beni confiscati. “Oggi sono migliaia in tutta Italia – spiega Falcone – e prima ancora che il segno del potere criminale, sono il segno del riscatto e dell’emancipazione dei territori. Abbiamo ben presenti le difficoltà ma possiamo contrastarle, facendo rete con il mondo del terzo settore. Criticità come quelle legate ai tempi lunghi tra il momento del sequestro e il riutilizzo sociale e il nodo delle risorse. Tuttavia, in questi anni non sono mancate fonti di finanziamento da parte dell’Unione Europea, da enti privati come la Fondazione con il Sud e dalla stessa Regione Campania che stanziano ogni anno fondi per la rifunzionalizzazione dei beni confiscati. Dobbiamo lavorare insieme per superare gli ostacoli, nella convinzione che il riuso dei beni sociali continui a rappresentare una straordinaria opportunità sociale ed educativa”. E sulla condizione di stallo che caratterizza i beni confiscati in Irpinia, come l’ex maglificio Centoquindici passi “E’ chiaro che bisogna sedersi a un tavolo e ripartire, investendo su progetti di utilizzo che abbiano respiro ampio e siano sostenibili”. Ricorda come a ogni rivoluzione seguano sempre tentativi di restaurazione “Ma dobbiamo fermarli. Penso alla proposta di modifica del codice sull’antimafia che appare inaccettabile che mette in discussione la possibilità stessa di confiscare i beni ai mafiosi”, E se in Irpinia sono 91 i beni confiscati, in Campania “sono 3000 le particelle confiscate, con riferimento a unità immobiliari complesse”
E’ Marco Cillo di “Avellino per il mondo” a spiegare come “Libera continua a rappresentare un’alternativa alla lamentela”. Ricorda l’esperienza nata in città con uomini come don Tonino Palmese e Geppino Fiorenza, l’incontro con Antonietta Oliva, vedova di Pasquale Campanello, che era la madre di un suo allievo e accettò immediatamente di portare la propria testimonianza nelle scuole, o quello con Sebastiano, fratello di Nunziante Scibelli, altra vittima innocente delle mafie”Tutti incontri che mi hanno cambiato la vita”. Non nasconde l’amarezza per i 91 beni confiscati, “per nessuno dei quali esiste un progetto economico-sociale attivo, proprio come il maglificio Centoquindici passi che abbiamo inaugurato nel 2011. Ricordo la nostra emozione ma anche quella delle forze dell’ordine che vedevano come il loro lavoro desse finalmente frutti”. Ribadisce come sia preoccupante che “oggi nessun partito parli più di lotta alla mafia, Mentre sono proprio le mafie a indebolire le attività locali, a privare i territori delle loro risorse, condizionando il contesto sociale ed economico”
Peppe Gambardella della cooperativa Ethelia, che opera nel fondo agricolo Nicola Nappo di Scafati, sottolinea la necessità di riattivare meccanismi di partecipazione attiva “Il fondo intitolato a Nicola Nappo, giovane di Poggiomarino ucciso per uno scambio di persona, è un bene confiscato che si trova a Scafati, al confine tra due province, quella salernitana e quella napoletana. Il terreno apparteneva alla villa del boss Pasquale Galasso. Dal 2018 è stata assegnato al Comune di Scafati ed accoglie una Ats -Associazione Temporanea che riunisce Cgil, cooperativa Ethelia e Finetica. E’ il bene confiscato a carattere agricolo più grande in Campania, si estende per dodici ettari che corrispondono circa a dodici campi da calcio. Le attività che portiamo avanti sono legate all’agricoltura sociale. La sfida è quella di promuovere pratiche di legalità in un contesto agricolo conserviero che non brilla per il rispetto in materia di sicurezza ambientale. Il fondo è vicino al fiume Sarno, costretto a fare i conti con un inquinamento che deriva, molto spesso, da condotte illegali legate a industrie nel settore agricolo. Di qui la volontà di scommettere su pratiche di coltivazione rispettose dell’ambiente, che ci vietano di utilizzare pesticidi e diserbanti ma anche di favorire l’integrazione di soggetti beneficiari dei progetti di accoglienza Sai. Altro ambito su cui abbiamo investito è quello dell’animazione sociale, che restituisce il senso della riappropriazione da parte della comunità del terreno, a partire dagli orti sociali, grazie all’associazione Orto dei Centopassi. Centoventi famiglie coltivano un piccolo appezzamento all’interno del fondo. Un itinerario a cui si affianca quello di promozione culturale con l’obiettivo di riportare la bellezza dove non c’era, attraverso eventi artistico culturali, finalizzati alla riscoperta del patrimonio e alla valorizzazione della produzione agricola, come la festa di fine raccolto”. Non nasconde le difficoltà “Non dobbiamo abbassare la guardia, la progettualità legata al fondo Nicola Nappo ha conosciuto fasi differenti, a partire dai rapporti non semplici con le persone vicine ai vecchi proprietari del fondo fino alla sfida dell’autosussistenza finanziaria. Ma noi resistiamo. Al tempo stesso dobbiamo confrontarci con un comparto industriale che vive di altre regole, in un contesto in cui anche le istituzioni non riescono sempre a intercettare i finanziamenti esistenti, come quelli destinati dal Pnrr per la riqualificazione dei beni confiscati”
Davide Perrotta di Libera Avellino rilancia sulla necessità di far ripartire l’esperienza legata al maglificio Centoquindici passi “E’ stato restituito al Comune di Quindici, la situazione è bloccata, di qui la volontà di riallacciare il dialogo con l’amministrazione e immaginare una nuova destinazione d’uso, ascoltando anche la comunità”. Traccia un bilancio positivo della ripartenza di Libera in città “Ci siamo ricostituiti per rispondere ad un’esigenza che la comunità avvertiva con forza. Abbiamo voluto, innanzitutto, promuovere un percorso di sensibilizzazione nelle scuole: è un’esperienza che ci sta dando tante soddisfazioni. In pochi mesi abbiamo conosciuto migliaia di ragazzi, quella che è l’essenza dell’azione che Libera deve promuovere sul territorio. Tanti sono i ragazzi che hanno deciso di impegnarsi e la loro presenza si carica di un valore forte per la città. Sono state le persone a segnalare il vuoto legato alla nostra assenza. Hanno avvertito l’esigenza di riattivarsi sui temi dell’antimafia, ma dobbiamo rinsaldare quest’impegno perchè riesca a crescere”.
Sottolinea come “Abbiamo cominciato un percorso con Legambiente e Arci sull’emergenza legata alle risorse idriche rispetto alla questione della trasparenza e alla necessità di garantire accesso civico ai dati. Chiediamo chiarezza sulla gestione dei fondi che arrivano e su come vengono distribuiti, per fare luce su pratiche che da anni si susseguono nella nostra città. Ma è chiaro che la trasparenza si costruisce con misure di prevenzione e iniziative culturali. E ‘ evidente che negli ultimi anni le nostre amministrazioni sono state manchevoli su questo punto. Ecco perchè vogliamo rappresentare una sentinella e indicare la rotta sugli strumenti da applicare”. A offrire pieno sostegno all’iniziativa anche Antonietta Oliva, la vedova di Pasquale Campanello “Oggi rinnoviamo l’impegno che abbiamo assunto venti anni fa insieme a Marco Cillo e agli altri giovani che hanno guidato Libera. Portiamo la testimonianza di chi, come mio marito, ha sacrificato la propria vita perchè ciò non accada più e far sì che il bene trionfi sul male. Il nostro vuole essere anche un impegno per la verità, un impegno che unisce tutti i familiari delle vittime in attesa di giustizia”