AVELLINO – “Sono appassionato di calcio e del Napoli ma mi definisco un credente non praticante. Da quando mio padre non c’è più, il calcio ha perso di senso ma credo nel potere della letteratura sportiva. Volevo dimostrare quanto possa essere bello raccontare il calcio scegliendo una prospettiva differente”. Spiega così lo scrittore Paquito Catanzaro il suo libro ‘Generazione 73’, edito da Lab Dfg, presentato questo pomeriggio alla Biblioteca Provinciale nel corso di un interessante confronto con un altro giovane autore, Giuseppe Maria De Maio. “E’ un grande album di figurine letterarie, sedici campioni nati nel 1973, che hanno festeggiato i 50 anni e hanno giocato almeno un minuto in serie A – spiega Catanzaro – Sono storie di uomini prima che di calciatori. Ho cercato di fotografare un momento della loro esistenza e di partire da quello. Alcuni personaggi sono da libro Cuore, come Scarpi che nessuno conosce ma ha salvato la vita a un altro calciatore o il portiere Gennaro Iezzo che fa un passo indietro e, invece di partire per il campionato greco, sceglie di andare a giocare nel Napoli, che milita in una categoria inferiore, poichè quello era il suo sogno di bambino. Più volte mi ha ripetuto come si fosse emozionato nel sentire pronunciare il suo nome da 60.000 tifosi al San Paolo la prima volta che è entrato in campo”.
Scherza dicendo di essere “un calciatore mancato. Ho provato tutti i ruoli prima di capire che il calcio non faceva per me”. E spiega di “aver voluto avvolgere il nastro dei ricordi e raccontare i calciatori con cui sono cresciuto. Sono partito dall’album della Panini, uno dei pochi strumenti realmente democratici del mondo del calcio, ci sono i grandi ma anche i giocatori che nessuno ricorda. Allo stesso modo, ho voluto raccontare di calciatori monumentali come Zanetti o Fabio Cannavaro ma anche di giocatori che non erano campioni come Saadi Gheddafi, figlio del leader libico, primo calciatore libico in Italia, primo caso di giocatore che ha pagato per lavorare, unico atleta ad entrare in campo ubriaco. I compagni di squadra mi raccontavano che dopo la partita prendevano il suo aereo personale e volavano tutti a Montecarlo”.
Non ha dubbi Catanzaro “Il calcio è cambiato troppo. Negli ultimi 25 anni abbiamo assistito a quello che è diventato uno spettacolo ma ha perso la magia della partita all’oratorio. Oggi non si gioca col Super Santos, ormai si va a scuola calcio”. Sottolinea come “mi piace l’idea di portare il libro nelle scuole, nei miei laboratori sulla letteratura sportiva, nella speranza che qualcuno sogni di fare scelte come quella di Iezzo, rinunciare ad un ingaggio da capogiro per amore della sua squadra del cuore”. E ammette che tra i suoi santi protettori ci sono Gianni Mura, Gianni Brera e Giovanni Arpino: “L’ho dedicato a loro ma senza dimenticare la lezione di Rodari, provare a scrivere un libro che mi facesse piacere leggere. Confrontarmi con atleti, allenatori come Ottavio Bianchi è stato emozionante. Negli ultimi anni la letteratura sportiva si era ridotta a libri sui campioni di una banalità incredibile mentre volevo far comprendere quanto possa essere potente questo tipo di narrazione, quanta letteratura ci potesse essere nel mondo dello sport. Non è un caso che Baricco abbia definito Open di Agassi tra i libri piu belli che abbia mai letto poichè è la storia di un uomo che deve fare i conti costantemente con l’ombra del padre, suo vero nemico”.
E’ Di Maio a spiegare come il calcio “diventa nel libro di Catanzaro pretesto per fare letteratura con la elle maiuscola. Sono tutte storie di uomini che ci insegnano qualcosa”. “Dal legame forte di Zanetti con l’Italia da decidere di vivere qui a Vieri, il giramondo. Nel giurassico, quando ero ragazzino – racconta Catanzaro – Cristian Vieri era un grande giocatore, ha girato mezza Europa perché amava i soldi e le donne. Così l’ho immaginato collezionista delle miglia di Alitalia così da restituire una dimensione unica al personaggio. O ancora ho raccontato la storia di Fabio Cannavaro che ha vinto tutto tranne che col Napoli, a differenza del fratello Paolo, meno vincente ma capace di aggiudicarsi un’unica competizione, la coppa Italia, come capitano proprio del Napoli. Fino a Davide Nicola, maestro di campagna prestato allo sport, campione di salvezze che insegna ai suoi giocatori quanto sia importante misurarsi con la sconfitta e trasmette loro l’etica del lavoro. Ricordo le sue parole ‘Sono della scuola di pensiero che o si vince o si impara”. A sfilare tra le pagine personaggi come l’allenatore Fonseca “innamorato dell’Italia, tanto da volere che i figli scoprissero la bellezza del paese in cui lavorava. Lasciatemi credere che c’è ancora oggi qualche calciatore che gira di città in città e va a visitare musei e monumenti”. Ricorda una bandiera come Nando De Napoli, calciatore dell’ Avellino, a cui “mi sarebbe piaciuto strappare un’intervista ma non ci sono riuscito”. E confessa che il libro nasce da un debito di riconoscenza “Ad un mio amico, Luigi Scognamiglio, che tanti anni fa, preferì passarmi la palla e farmi fare goal, invece di tirare lui in porta”. Ad impreziosire l’incontro le esibizioni degli allievi dell’indirizzo musicale della Perna Alighieri, accompagnate dai docenti e dalla dirigente Amalia Carbone, nel segno di musica e sport.