Cinque proposte, cinque impegni per la “giustizia ambientale e sociale“. Con la presentazione del Manifesto si è conclusa la due giorni di ControEcomafie la Conferenza nazionale organizzata da Legambiente e Libera in collaborazione con l’Università Roma Tre e “Casa Comune” in occasione del decennale dell’approvazione della legge 68 del 2015 che ha introdotto i delitti contro l’ambiente nel nostro Codice penale. Nel manifesto sono raccolte le proposte di Legambiente e Libera al governo e al Parlamento e gli impegni per rafforzare una rivoluzione iniziata dieci anni fa, contrastando con più efficacia le ecomafie in tutti i settori dove fanno affari d’oro a discapito dell’ambiente, della salute dei cittadini e dell’economia.
I dati raccolti da Legambiente e Libera sui primi dieci anni di applicazione della legge sono preoccupanti: quasi 7mila reati accertati dalle forze dell’ordine e dalla Capitanerie di porto (uno ogni 3 controlli), oltre 12mila persone denunciate, centinaia di arresti, quasi duemila sequestri effettuati per un valore di oltre un miliardo di euro. La Campania è prima come controlli, reati complessivi (1.440), attività organizzata di traffico illecito di rifiuti (351), e relativi alla parte Sesta-bis del Testo unico ambientale (869). La Puglia è prima per il delitto di inquinamento ambientale (260) – seguita da Sicilia, Calabria e Campania – e per numero di arresti (100). La Calabria è prima per il reato di disastro ambientale (59). La Sicilia è prima come valore dei beni sequestrati (432,1 milioni di euro), seguita da Calabria e Campania. La Sardegna è prima per controlli e violazioni della legge 231/2001 (179) e seconda per quelli previsti dalla parte Sesta-bis del Testo unico ambientale.
Nel nostro Paese, anche grazie al lavoro avviato nel 1994 da Legambiente con la presentazione del primo “Rapporto Ecomafia”, la consapevolezza della gravità di questi fenomeni è cresciuta. Ma sono ancora troppi i ritardi accumulati, come dimostrano le mancate bonifiche nei Siti d’interesse nazionale o la sentenza di condanna da parte della Corte europea dei diritti umani per la mancata tutela del diritto alla vita di chi vive nella “Terra dei fuochi”, tra le province di Napoli e Caserta. La dimensione transnazionale dei crimini ambientali richiede maggiore attenzione e impegno da parte di tutti gli Stati. In questo scenario di forte preoccupazione, per il crescente impatto ambientale, sociale ed economico della criminalità ambientale, è decisivo rafforzare il sistema normativo e il ruolo delle istituzioni nelle attività di prevenzione e repressione, in Italia, a livello europeo e internazionale. Legambiente e Libera avanzano con la presentazione del manifesto cinque proposte: recepire quanto prima in tutti i Paesi dell’Unione europea la direttiva del 2024 per la tutela penale dell’ambiente, integrando il nostro Codice penale con i nuovi delitti e definendo una strategia nazionale di lotta all’ecocriminalità; definire, nell’ambito della Convenzione internazionale sulla criminalità organizzata, un quadro di impegni condivisi per il contrasto dei crimini transnazionali contro l’ambiente; inserire nel nostro Codice penale i delitti contro il patrimonio agroalimentare e quelli contro gli animali; rafforzare la lotta all’abusivismo edilizio, con risorse adeguate per Comuni, Prefetture, autorità giudiziaria e norme più efficaci; accelerare la bonifica dei Siti d’interesse nazionale gravemente inquinati, insieme allo sviluppo di progetti di riconversione ecologica.
La lotta all’ecomafia e all’illegalità ambientale-
si legge nel Manifesto – richiede, insieme a norme più incisive e maggiori risorse, un ruolo sempre più attivo e consapevole da parte di tutte le persone e le associazioni che si battono per la legalità e la tutela dell’ambiente.
Legambiente e Libera si assumono cinque impegni:
sostenere le comunità locali nelle vertenze contro l’aggressione ecocriminale ai territori in cui vivono, anche attraverso azioni di carattere giudiziario
; sviluppare campagne nazionali, come “
Ecogiustizia subito” e “Fame di verità e giustizia”, per sollecitare risposte istituzionali sulla giustizia ambientale e sociale;
organizzare attività di monitoraggio civico, come quelle sviluppate in occasione delle Olimpiadi invernali di Milano-Cortina, per ottenere trasparenza nell’utilizzo di risorse pubbliche in materia ambientale;
promuovere iniziative rivolte alle scuole e alle Università per diffondere ancora di più tra le giovani generazioni la conoscenza dell’ecomafia, delle cause e delle risposte necessarie;
monitorare il rispetto, a livello europeo e internazionale, di tutti gli impegni adottati per contro l’ecocriminalità transnazionale.
“La lotta alle mafie, all’ecomafie, la tutela dell’ambiente – ha dichiarato Don Luigi Ciotti Don Luigi Ciotti, presidente nazionale di Libera – sono le nuove sfide, c’è una lettura nuova, necessaria che deve essere fatta oggi più che mai in questo momento. La lotta alle mafie sarebbe già stata debellata se non ci fossero coinvolgimenti tra mafia e politica che si sono succeduti negli anni in forme e modi diversi. Oggi c’è una patologia nazionale che si chiama corruzione ma guarda caso che alcuni meccanismi di contrasto alle mafie e corruzione sono stati messi in discussione e alcuni casi modificati. Ma anche noi dobbiamo impegnarci, fare la nostra parte darci una mossa e assumerci le nostre responsabilità. Abbiamo bisogno di persone che si impegnino di più”.
“Grazie al nostro lavoro trentennale di pressione e mobilitazione – ha sottolineato il presidente di Legambiente, Stefano Ciafani – siamo riusciti a far approvare dal Parlamento vere e proprie riforme di civiltà, come l’inserimento dei delitti ambientali e dei reati contro il patrimonio culturale all’interno del Codice penale. Ora è arrivato il momento di completare la rivoluzione normativa contro le ecomafie e la criminalità ambientale, a provando le norme contro gli animali e l’abusivismo edilizio. Non ci sono più alibi per ritardare ulteriormente queste riforme, anche alla luce del recente inserimento nella Costituzione italiana della tutela ambientale, della biodiversità e degli ecosistemi, insieme al principio fondamentale per cui non si può esercitare l’iniziativa economica privata, in danno della salute e dell’ambiente”.