La Campania risulta la regione con più povertà, meno occupati rispetto alle medie nazionali ed europee e le alte soglie di spopolamento nelle aree interne, in cui tra i principali fattori di diseguaglianza figura l’accesso ai servizi sanitari, con sempre più persone indigenti che rinunciano a curarsi. È quanto si legge nel “Dossier Regionale sulle Povertà in Campania” presentato oggi dalla delegazione di Caritas Campania a Caserta.
Il dossier è basato su fonti ufficiali – Istat, Eurostat, Ministero della Salute, Agenas, Gimbe – integrate e raccolte dalla rete Caritas che si avvale dei Centri di Ascolto dislocati nei territori delle 21 diocesi campane.
Tra i dati più allarmanti, quello dell’alta incidenza delle varie forme di indigenza, la “povertà assoluta”, la “povertà relativa” e il rischio di povertà o esclusione sociale, con il 43,5% della popolazione campana esposta a vulnerabilità significative.
Il 13,5% dei cittadini rinuncia poi a curarsi, rispetto al 9,9% della media nazionale. Ciò si riflette anche sull’aspettativa di vita: in Campania si vive in media due anni in meno rispetto al resto d’Italia (80,9 contro l’82,7 nazionale). Il dossier denuncia poi sempre nel settore sanitario “lunghe liste d’attesa, carenze strutturali, personale insufficiente e un crescente ricorso alla sanità privata, con una spesa pro capite inferiore di circa 320 euro alla media nazionale (1.910 euro contro i 2.230 euro spesi nel resto del Paese), con un gap complessivo di oltre 1,7 miliardi di euro.
E anche il reddito pro capite, sebbene in crescita negli ultimi anni, è ancora ben lontano dalla media nazionale: 18.500 in Campania contro i 31mila euro per cittadino nel resto d’Italia.
“Nei nostri Centri – sottolinea Antonio De Luca, Vescovo della Diocesi di Teggiano-Policastro e delegato della Conferenza Episcopale Campana per il Servizio Carità – notiamo che cresce sempre di più la richiesta di aiuti per le cure sanitarie da parte delle famiglie; molti, specie nelle aree interne, lamentano la lontananza dalle strutture sanitarie e il costo ritenuto alto dei trasporti. Lo si chiami come si vuole, ma una forma di sostegno minimo al reddito ci vuole, lo prevedono tutte le democrazie evolute per le famiglie bisognose”.



