Si fa riflessione sulla condizione dell’uomo la mostra antologica “Adriano Eccel. Il tempo interiore. Archivi dell’Io [Opere 1985–2012]”, inaugurata oggi al Museo Irpino, dove resterà fino al 29 aprile. Organizzata dalla Provincia di Avellino e dal Museo Irpino, in collaborazione con l’Associazione AEcceL per la Fotografia di Trento e l’Associazione culturale Contemporaneamente, nell’ambito della rassegna MONTORO/CONTEMPORANEA, l’esposizione è in dedicata alla memoria di Adriano Eccel, grande interprete della fotografia contemporanea, scomparso nel 2012. A prendere forma un viaggio a ritroso all’interno di un intimo rapporto tra il fotografo e le sue immagini, tra segni e significati, tra tempo storico e tempo soggettivo, tra vissuto e immaginato, alla scoperta di un universo fondato sulla costante (s)composizione dell’immagine fotografica.
E’ Martina Belluto, curatrice insieme a Franco Fortini e Gerardo Fiore, a sottolineare come la mostra antologica racconti il fotografo trentino Adriano Eccel attraverso un ricco percorso epositivo, che ne esplora le molteplici anime. A rivivere i cicli che hanno segnato la sua ricerca, dal 1985 al 2012, da “Il Muro” a “Vietato l’ingresso”, da “Photoopere” all’ultimo, rimpasto incompiuto, “Lo specchio immaginario”, in cui la realtà torna riflessa in diciassette specchi. “Si tratta di una fotografia – spiega Belluto – che non ha un taglio documentaristico ma riflessivo e introspettivo, di ricerca costante su quella che è la dimensione dell’anima, con continui rimandi simbolici alla psiche e all’introspezione, attraverso brandelli di immagini, segni grafici e lettere dell’alfabeto. Una fotografia che propone anche un taglio sociale ed esistenziale sulla condizione dell’uomo, dalla caducità della vita alla malattia. Eccel lavorava attraverso un approccio artigianale e minuzioso, accostava frammenti di immagini e creava composizioni che necessitavano di tempi lunghi per la loro elaborazione. Ecco perchè questa mostra chiede una fruizione attenta da parte dei visitatori”.
E’ Franco Sortini a sottolineare come “Più che un fotografo, Eccel era un artista che utiilizzava la fotografia nelle sue opere, raccontava le sue storie attraverso materiale fografico, realizzando dei veri collage o modificando le immagini con interventi manipolativi. Pubblicava migliaia di fotografie e le ricomponeva in un’opera per poi intervenire con i trasferibili. Ecco perchè si tratta di opere uniche, poichè non esiste un negativo che ne consenta la ripoducibilità. Quelle in esposizione al Museo sono riproduzioni vintage realizzate dallo stesso Adriano. Un esempio è la serie del Codice Duval, attraverso le immagini Eccel racconta la storia di Carol Duval, suo alter ego, personaggio nato dalla sua fantasia, archivista in un museo che usa le immagini dell’archivio per ricomporre la memoria dell’umanità, attraverso storie visive che possono essere lette a più livelli, autobiografico, antropologico e sociologico, da Adamo ed Eva fino all’attentato alle Torri Gemelle. Adriano riproduceva parti di fotografie, divideva gli strati sensibili della Polaroid e usava solo quello marroncino per montarlo in tavole e intervenire con la grafica e la china. La fotografia diventava così materia viva, specchio dell’anima. La sua memoria personale diventava memoria collettiva”
E’ Gerardo Fiore a spiegare come “Si tratta di un artista a pieno titolo, uno sperimentatore ed un innovatore che ha saputo creare un inconfondibile stile proprio, caratterizzato – oltre che dalla straordinaria padronanza della tecnica fotografica – da un vivo interesse per lo studio della psicologia e l’analisi dell’immagine