Sarà una primavera calda dalle parti di Industria Italiana Autobus. Perché la vertenza che coinvolge le tute blu dell’unico stabilimento produttore di autobus per il trasporto pubblico, di questo passo, è destinata a chiudersi. Non nel migliore dei modi. Finora le speranze dei quasi quattrocento operai sono state mantenute attraverso giornate di astensione al lavoro, scioperi. E di viaggi verso la capitale.
A Roma, direzione via Molise, ministero del Mimit. Le voci di un cambio, all’interno del pacchetto di maggioranza azionario, tra Leonardo, socio pubblico, e Seri Industrial, dei fratelli casertani Civitillo, si fanno sempre più insistenti. E certe. Ma operai e sindacati chiedono che IIA resti a conduzione pubblica.
Non solo. Seri Industrial, è quello che si sottolinea di più, in Irpinia non ha lasciato buoni ricordi. Due aziende entrambe fallite.
“Non sarebbe Seri a salvare le sorti della fabbrica di valle Ufita – infatti dicono i sindacati. Non ha la forza economica necessaria”.
Per questo, quasi invocano un nuovo incontro al Mimit. E si resta in attesa, sempre con il fiato sospeso, di una convocazione. Ma dalla capitale, dalla sede di via Molise del Mimit, non è arrivato niente. Nonostante le tute blu, e i sindacati, si facciano ancora sentire. Sono decisi a portare la loro lotta fino in fondo. Infatti questa mattina, in stabilimento, ci sarà una assemblea. Che anticiperà lo sciopero di sei ore di mercoledì prossimo.
Si vuole scongiurare un progressivo smantellamento. L’amministratore delegato di IIA, Giancarlo Schisano, nel suo piano di lavoro presentato, aveva programmato che, dalla fabbrica, dovessero uscire due autobus al giorno.
Quaranta al mese. 448 nell’arco di quest’anno. Un piano di rilancio davvero ambizioso, per giustificare questi continui cambi di manager, ma che però deve fare i conti con la realtà. Ed è stato smentito dai fatti. Perché sarebbero, comunque, numeri decisamente inferiori. E allo stesso tempo si portavano avanti le trattative con Seri per la cessione delle quote. Quelle attuali sono: Invitalia 42,76, Leonardo 28,65 e la turca Karsan che possiede il 28,59 per cento.