Di Annarita Rafaniello
How many times must the cannon balls fly
Before they’re forever banned?
Blowing in the wind, Bob Dylan
Nel marzo del 2022 viene pubblicato postumo Una persona alla volta, l’ultimo libro di Gino Strada, curato dalla sua seconda moglie, la giornalista Simonetta Gola. Non un’autobiografia, ma una narrazione intensa e toccante che dà voce a esistenze fragili: vite spezzate dalla guerra e dalla violenza, costrette a riporre ogni speranza nelle mani di un chirurgo italiano, ai loro occhi un perfetto sconosciuto.
Attraverso queste storie, il libro ripercorre anche il cammino straordinario di Gino Strada: da giovane studente milanese, nato a Sesto San Giovanni, città operaia, fino alla fondazione di Emergency, l’ONG che ha garantito cure a milioni di persone in ogni angolo del mondo. Un viaggio segnato dall’impegno incessante nei contesti più difficili, dove diritti e dignità sono spesso negati, ma la medicina diventa strumento di giustizia e speranza.
Un progetto straordinario, nato dal cuore di Gino e della sua prima moglie, Teresa Sarti, docente di scuola media, compagna di vita e di lavoro per circa trent’anni, nonché madre di Cecilia Strada.
Quando parliamo di Emergency, dobbiamo immaginare ospedali attivi in zone pericolose e devastate, dove medici e operatori sanitari, pur mantenendo una posizione di neutralità per scelta, rischiano la vita ogni giorno. Come affermava lo stesso Gino Strada: “Quando metti le armi in mano a un uomo, ecco che si scatena la violenza più cieca e irrazionale.”
In venticinque anni di attività, questa ONG ha portato soccorso in numerosi scenari di crisi in tutto il mondo: Kabul, Sudan, Afghanistan, Somalia, Etiopia, Bosnia e molti altri paesi.
Gino Strada si è immerso senza paura nel tumulto delle guerre per restituire umanità anche laddove Dio sembrava essersi dimenticato degli uomini. Ha curato feriti, fatto nascere bambini, assistito i morenti. La sua non è stata solo una professione, bensì una vera e propria missione, proprio come gli aveva profeticamente detto sua madre prima che si laureasse.
Anche quando tutti scappano, anche quando sembra non esserci più speranza, Emergency è sempre presente, e c’è sempre un uomo pronto a fare il possibile e l’impossibile, a rischio della propria vita. Gino Strada non ha mai avuto paura delle mutilazioni, delle torture, dei genocidi o degli stupri. Amava dire di essere un chirurgo per carattere, abituato ad operare sul campo. E, in effetti, se lo sentiamo parlare in qualche intervista, ci appare come un uomo brusco, schivo, di poche parole: un uomo d’azione e non di mere chiacchiere.
La sua vita è stata donata agli altri, in particolare agli ultimi, a coloro che non hanno diritto alle cure per il crudele arbitrio della sorte. Quest’uomo avrebbe potuto condurre una vita agiata e sofisticata nella città di Milano, come luminare della chirurgia al servizio di una ristretta cerchia di privilegiati; al contrario, ha scelto di “salvare il salvabile” nei luoghi più disperati della terra. La sua promessa alla moglie Teresa, scomparsa a causa di un tumore al pancreas, fu di abbandonarsi con ancor più fervore al lavoro: l’unico mezzo che sentiva capace di ridarle, seppur simbolicamente, un respiro di vita.
Gino Strada, con le sue parole e, ancor di più, con le sue azioni, appare come un eroe epico, un cavaliere solitario che ha creato dal nulla un esercito del bene, fieramente schierato contro tutte le guerre. La guerra è un abominio che non condurrà mai ad alcuna soluzione e che l’essere umano pratica sin dalla notte dei tempi; l’odio tra gli uomini nasce con l’uomo stesso, nel mito biblico di Caino che uccide Abele, ma non ha mai generato altro che odio, moltiplicato all’infinito.
“Sarà perché ho toccato con mano l’atrocità della guerra, ma sono convinto che ogni tentativo di regolarla sia un’illusione. Non ha senso imporre alla guerra regole di condotta e codici di comportamento perché, quando la decisione è quella di uccidersi, nessuna regola può fare una differenza sostanziale. Alle vittime importa poco se sono morte per un proiettile, un’arma chimica, batteriologica o nucleare: sono morte e non resta altro che la disperazione delle persone che le hanno amate”.
L’uomo che fa del conflitto uno strumento di dominio politico è, ahimè, come direbbe Quasimodo, “ancora l’uomo della pietra e della fionda”. Gli orrori del conflitto in atto in Ucraina sembrano confermare queste parole, che, pur potendo apparire radicali, rispondono in realtà a un profondo richiamo all’umanità, alla fratellanza e all’uguaglianza. Le atrocità di Bucha si impongono alla nostra vista, mentre siamo attraversati dal terrore che il conflitto possa giungere fino a noi, e le fosse comuni ci riportano con forza alla memoria della Shoah. Le trincee ucraine evocano i versi struggenti di Ungaretti, che, nell’assurdità della guerra, aveva intravisto la morte, pur amando la vita.
Gino Strada ci esorta con fermezza a praticare un pacifismo intransigente, costantemente e in ogni circostanza. Questa è l’unica via degna di essere percorsa. Ecco perché nutriva scarsa fiducia nella politica, che spesso si sottrae alla via diplomatica, preferendo non fronteggiare i danni con le necessarie soluzioni pacifiche. Il chirurgo e filantropo osservava i conflitti dal punto di vista degli ultimi, non dei potenti che perseguono i propri egoistici interessi.
Il suo messaggio risuona con forza e, oggi più che mai, egli leverebbe la sua voce contro le ingenti spese militari, schierandosi in prima linea nell’accoglienza dei profughi, perché “bisogna curare le vittime e rivendicare i diritti. Una persona alla volta”. La Storia ci ha lasciato insegnamenti preziosi; spetta noi trovare il coraggio di tradurli in azione: “Le vittime di una guerra, qualsiasi guerra, sono sempre i civili, che non hanno colpe. Ecco perché la guerra è sbagliata in sé”.
La guerra è l’oscuro strumento del potere, dell’avidità e dell’odio; è una mostruosità contro cui l’umanità deve ergersi con fermezza, nella speranza che possa presto avverarsi il sogno di Teresa e Gino Strada: un mondo in cui la guerra sia abolita e il diritto universale alla salute diventi realtà. Per quanto possa apparire un’utopia, siamo chiamati a crederci e a lottare, poiché l’esempio di Emergency ci insegna che anche le più piccole gocce, unite, possono dar vita a un oceano di pace.