Di Benedetta Russo (studentessa della VB del Liceo Scientifico – Istituto Omnicomprensivo “Manzi-Maffucci” di Calitri. Coordinatore dell’attività: Prof.re Vincenzo Fiore).
In questo periodo di globalizzazione e digitalizzazione, il divario tra ricchi e poveri sta diventando più grande che mai. La disuguaglianza non è un fatto solo ed esclusivamente economico, ma sociale e morale di grave entità che, attraversando tutti i confini geografici e culturali colpisce la vita di miliardi di persone. Dalle strade delle metropoli alle zone rurali, le disparità nell’accesso a risorse fondamentali, come istruzione, salute e opportunità di lavoro, continuano a crescere: un mosaico di ingiustizie che alimentano la frustrazione e la sfiducia nelle istituzioni. In questo articolo, esploreremo le cause profonde della disuguaglianza, i suoi effetti devastanti sulle comunità e le possibili soluzioni per costruire un futuro più equo.
La disuguaglianza di cui si discute di più è sicuramente quella economica; essa si riferisce specificamente alle disparità nella distribuzione di ricchezza tra individui e gruppi in una società, ma può anche riguardare le differenze tra paesi. È connessa ai concetti di equità, uguaglianza di risultato e uguaglianza di opportunità. I numeri sono chiari e spaventosamente allarmanti: secondo Oxfam, l’1% della popolazione mondiale detiene più ricchezza del restante 99%. Questo incredibile scarto non è solo un problema economico, ma anche un colossale fallimento sociale che si ripercuote direttamente nella vita quotidiana di miliardi di persone. Le opinioni sulla disuguaglianza variano: alcuni la considerano necessaria per stimolare la crescita economica attraverso la competizione, altri la vedono come intrinseca al capitalismo, mentre altri ancora la considerano un problema da affrontare con politiche redistributive, in linea con il pensiero keynesiano e le politiche socialdemocratiche. Storicamente, la disuguaglianza è stata influenzata da fattori come guerre, carestie, epidemie e politiche di istruzione e tassazione. Le cause della disuguaglianza economica includono fattori ambientali, differenze nei salari, globalizzazione, cambiamenti tecnologici e accesso all’istruzione. Negli ultimi anni però, in alcuni paesi, sono state attuate politiche fiscali e tassazioni progressive atte a mitigare queste differenze. Possiamo inoltre ricordare come Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, ha proposto l’indice di sviluppo umano (ISU) come alternativa al PIL, considerando variabili come istruzione, sanità ed equità salariale per fornire una visione più completa del benessere delle persone. Questo approccio evidenzia la necessità di rivedere come misuriamo il progresso sociale ed economico.
La disuguaglianza di genere costituisce un altro aspetto: le donne guadagnano mediamente meno degli uomini. Secondo i dati INPS in Italia, anche all’interno della stessa categoria professionale, esiste una differenza di rendimenti tra donne e uomini a favore di questi ultimi di circa il 28% sugli stipendi. È incredibile pensare che nel ventunesimo secolo esistano differenze così grandi a seconda di fattori come il sesso. Ciò riflette l’attuale “società patriarcale” in cui viviamo e quanto l’uguaglianza sia lontana dalla realtà. La disuguaglianza di genere non si limita però al solo ambito economico; essa si manifesta in molteplici forme, tra cui la violenza domestica, la discriminazione sul posto di lavoro e l’oggettivazione delle donne nei media. Possiamo infatti osservare come, nonostante la società italiana abbia ancora gravi problemi con la figura della donna, nella maggior parte degli stati africani e mediorientali la situazione è ancor peggiore (in Afghanistan, ad esempio, è da poco stata imposta dai Talebani una legge secondo la quale alle donne è vietato parlare in pubblico). Judith Butler, filosofa e teorica del genere, ci invita a riflettere sulla costruzione sociale dei generi e su come le norme di genere influenzino le esperienze di vita delle persone. La sua teoria del “gender performativity” sottolinea che il genere non è un dato biologico, ma piuttosto una costruzione sociale che può e deve essere messa in discussione e riformulata.
Le disuguaglianze sanitarie sono un altro fattore aggiunto. Più alto è lo status socio-economico di una persona più è probabile che sia sana. Le disuguaglianze sanitarie sono evidenti tra le persone con reddito, ricchezza e gruppi di istruzione diversi, ma anche tra persone di sesso, etnia, professioni e aree di residenza diversi. Ci sono 2 miliardi di individui che attualmente non hanno accesso all’acqua potabile. Le statistiche dell’UNICEF inoltre rivelano che ben 3,6 miliardi di persone vivono senza servizi igienici e sanitari adeguati. Questi numeri non sono semplici cifre nelle statistiche, ma rappresentano vite reali e opportunità negate.
Successivamente troviamo la disuguaglianza razziale ed etnica, un fenomeno complesso che si manifesta in vari aspetti della vita, in particolare nell’istruzione, nel lavoro, nella salute e nella giustizia. In ambito educativo, le comunità minoritarie affrontano ostacoli sistematici che limitano le loro opportunità. Frequentemente sentiamo dire e diciamo la tipica frase riferita agli immigrati extracomunitari: “Che tornassero a casa loro”, senza renderci conto però che il motivo per il quale sono venuti in Europa è proprio quello di migliorare le loro condizioni sociali. Non possiamo ignorare la realtà in cui il 37% della popolazione mondiale non ha accesso a Internet, il che significa essere esclusi dalla comunicazione, dall’istruzione, dal sapere e da opportunità professionali. Oltre 244 milioni di minori nel mondo non frequenteranno mai la scuola. Questa disparità nell’istruzione alimenta un ciclo di povertà senza speranza di futuro e che porta a una grande fetta di popolazione a emigrare in stati con maggiori opportunità.
In aggiunta, l’orientamento sessuale rappresenta un altro campo di grande disuguaglianza. Le persone LGBTQ+ spesso affrontano discriminazione e violenza, nonché un accesso limitato ai diritti fondamentali in molte parti del mondo. Michel Foucault, nel suo lavoro sulla sessualità, ci ha insegnato a considerare come il potere si eserciti anche attraverso la normazione dell’orientamento sessuale. È importante riconoscere che la lotta per i diritti LGBTQ+ fa parte integrante della più ampia lotta per i diritti umani e la giustizia sociale.
Infine, un altro aspetto fondamentale è quello religioso. Le minoranze religiose, in molte società, affrontano esclusione, discriminazione e persecuzione. Filosofi come John Stuart Mill hanno sostenuto l’importanza della libertà di espressione e di culto, affermando che una società giusta deve garantire che tutte le voci siano ascoltate, indipendentemente dalle loro credenze religiose. Esempi eclatanti di discriminazioni religiose sono la persecuzione degli Ebrei durante quasi tutta la prima metà dello scorso secolo, ma anche quella degli Uiguri, una minoranza musulmana del nord-ovest della Cina. La pluralità religiosa è una ricchezza per le società, ma spesso diventa un campo di battaglia per l’intolleranza e il pregiudizio.
Viene quindi da chiedersi: che cosa avrebbe detto Karl Marx nel vedere questa evidente disuguaglianza? Avrebbe sicuramente denunciato questo sistema come un’arma delle classi più ricche per l’oppressione di quelle più povere. Ed eccoci qui, in questa fase storica, con questa struttura capitalista consolidata, a domandarci quale sia un possibile modello di società giusta proprio come ha fatto John Rawls con il suo esperimento mentale del “velo d’ignoranza”. Immaginate di dover costruire una società senza sapere in quale posizione personale vi trovereste. La maggior parte della gente sceglierebbe sicuramente misure per garantire che le persone più vulnerabili vivano in condizioni decenti rispetto alla realtà agiata dei privilegiati. Tuttavia, nella pratica quotidiana ciò diventa impossibile perché tutti noi siamo influenzati dalla nostra posizione iniziale e dai nostri pregiudizi sociali.
Noi giovani abbiamo l’enorme sfida di costruire una società più equa con la certezza che si ascoltino tutte le voci per garantire diritti umani fondamentali e offrire pari opportunità. Studiare sarà operare al fine di combinare pensiero critico con azione nel garantire questi diritti umani inalienabili. Viviamo in un mondo complesso e interconnesso; non possiamo permettere che la sofferenza altrui passi in secondo piano, senza che noi solleviamo la nostra voce contro queste ingiustizie sociali ed economiche e promuoviamo modelli alternativi basati sull’uguaglianza sostanziale invece che sulla mera legalità formale. È tempo di agire e trasformare queste statistiche spaventose in una chiamata collettiva alla giustizia sociale! Solo così potremo costruire un futuro sostenibile per le generazioni future. La disuguaglianza è una sfida che richiede una risposta collettiva, un impegno condiviso per un mondo in cui ognuno, indipendentemente da genere, orientamento sessuale, religione o condizione sociale, possa aspirare a una vita dignitosa e realizzare il proprio potenziale.