“Intitolare a Pier Paolo Pasolini che tenne a battesimo il festival Laceno d’oro nel 1959 e credette con forza nella rassegna fondata da Giacomo D’Onofrio e Camillo Marino la piazza antistante l’Eliseo”. E’ la proposta lanciata dal critico cinematografico Paolo Speranza, anima di Quaderni di Cinemasud, nel corso della giornata inaugurale del festival, promosso dal Circolo Immaginazione, che taglia quest’anno il traguardo della cinquantesima edizione. Speranza sottolinea come la scelta di ricordare Pasolini nella toponomastica “sarebbe il segno della volontà della città di riappropriarsi della sua memoria, nel segno di quella vocazione cinematografica che è parte integrante della sua identità. Del Debbio, a cui oggi è intitolata la piazza, è stato un bravo architetto ma il segno profondo lasciato da Pasolini non può e non deve essere dimenticato”. Una proposta che arriva al termine della lezione dedicata al rapporto tra Pasolini e i Sud del mondo “dalle borgate di Roma a cui dedicò i suoi reportage e i suoi romanzi a un documentario come ‘Comizi d’amore’ in cui esplorava l’amore nel Sud, dal Vangelo secondo Matteo girato a Matera al Decameron che volle ambientare a Napoli fino all’Africa in cui avrebbe voluto girare un film, dallo sguardo rivolto alla cultura contadina all’attenzione rivolta a una rassegna come quella del Laceno d’oro, in un piccolo paese del Sud”. Non risparmia stilettate a una destra che oggi riconosce il suo valore di poeta e scrittore vate ma che in passato non aveva esitato a denigrarlo “Oggi si assiste a un recupero di Pasolini ma non è stato un processo immediato alla sua morte”. Una riflessione che si affianca all’incontro con Simona Zecchi a partire dal volume “Pasolini: ordine eseguito” che inserisce l’omicidio di Pasolini nell’ambito della strategia della tensione, puntando l’indice contro le responsabilità dei servizi segreti deviati “Pasolini era pericoloso per le istituzioni, anche a causa di un dossier ricevuto sui finanziamenti politici dietro la strategia delle bombe nel ’75. Un dossier inviato dai collaboratori di Giovanni Ventura, ex estremista di destra, con cui Pasolini aveva una corrispondenza. Inoltre, nel commando che uccise Pasolini erano presenti esponenti di gruppi come Avanguardia e Ordine Nuovo. Anche la scelta di ucciderlo all’idroscalo di Ostia non è causale, era un luogo frequentato da prostitute, era il segno della volontà di svilire il sommo poeta, così da avallare la tesi della morte legato al mondo della prostituzione. L’espediente usato era quello di attirarlo in una trappola con la possibilità di entrare in possesso delle bobine di Salò o le 120 giornate di Sodoma. l’ultimo film che il regista stava presentando all’estero. Pasolini teneva a quelle scene anche se non più necessarie al montaggio. Numerosi sono, inoltre, i testimoni che hanno dichiarato di aver visto la macchina passare più volte sul corpo di Pasolini, era chiara la volontà di uccidere” Sottolinea la speranza di una commissione d’inchiesta che possa tornare a indagare “Ecco perchè la verità giornalistica è fondamentale perchè venga fuori il vero movente, chiaramente politico. I cinque profili d’ignoti trovati sui reperti non corrispondono tecnicamente alle 30 persone sospettate nell’inchiesta come probabili complici di Giuseppe Pelosi, l’unico ad aver pagato per l’omicidio. Ma l’impressione è che manchi la volontà da parte di politica e magistratura di riaprire il caso. Di qui la volontà di un libro perchè emerga il suono speciale della verità che Pasolini indicava dovesse esserci sulle stragi di quel periodo e sulle responsabilità dietro di esse in una lettera di risposta all’ex estremista di destra, coinvolto nella strage di piazza Fontana, Giovanni Ventura”. Una prima giornata per il festival Laceno d’oro proseguita con le proiezioni dei film in concorso e con la retrospettiva dedicata a Andrei Ujica, premiato con il riconoscimento intitolato a Pasolini, che gli sarà assegnato il 7 dicembre al termine della masterclass








