Il premier Conte si è mosso dall’inizio della pandemia con lo scopo di evitare che la crisi sanitaria ed economica potesse sfociare anche in una crisi politica. La sua rissosa maggioranza lo ha finora accompagnato ma nessuno dei partiti ha rinunciato a piantare la propria bandierina nel tentativo di far prevalere la propria identità di partito rispetto a quella più generale della coalizione. E’ evidente che una coalizione non si improvvisa e il rapporto PD – Cinque Stelle è nato per una necessità e non perché ci si è trovati insieme dopo un cammino comune. L’obiettivo della scorsa estate era quello di sterilizzare l’offensiva di Salvini convinto di poter prendersi il paese dopo essere diventato il dominus dell’alleanza giallo-verde. Il tentativo di stoppare il leader leghista è riuscito non ancora quello di costruire un qualcosa di più solido tra forze politiche che per troppo tempo sono state acerrime avversarie. Il filo che unisce i partiti della maggioranza però non si è mai spezzato e tutti sanno che al momento non esistono governi alternativi a quello attuale. La coalizione resta prigioniera solo dei piccoli protagonismi di ognuno dei suoi attori principali. Cinque Stelle e PD devono recitare il ruolo di guida mentre Renzi continua a fare il battitore libero ma senza affondare il colpo decisivo come nel caso delle mozioni presentate da “più Europa” di Emma Bonino e dal centrodestra contro il ministro della Giustizia Bonafede. I renziani restano critici, minacciano, ma alla fine votano con il resto della maggioranza e difendono l’azione del Guardasigilli. Il risultato di queste fughe in avanti è solo quello di mettere in ombra e non in luce quel che l’esecutivo riesce comunque a fare per sostenere un’economia fragile. I provvedimenti messi in campo finora non devono solo ricompattare la maggioranza ma devono soprattutto portare il paese fuori dalle secche in cui si è arenato dopo i danni provocati dal virus. La tempesta non è passata anche se adesso il mare è più calmo e meno agitato ma gli scienziati avvertono che un’altra ondata potrebbe arrivare. Sarebbe il momento di evitare giochi tattici e puntare a concentrarsi su traguardi comuni. La ripartenza nella cosidetta fase 2 è iniziata tra le inevitabili polemiche e tra strappi e ricuciture tra governo e regioni. Il problema resta infatti quello di strutturare un rapporto per reggere l’urto dei conti sociali ed economici, tranquillizzare gli italiani che devono convivere con il virus e dare all’Europa l’idea che la coalizione giallo-rossa è in grado di rispettare gli impegni. Sarà questa la vera sfida per Conte, Zingaretti, Di Maio e Renzi. Un’analista attento come Paolo Mieli ha scritto qualche giorno fa che gli agguati al Presidente del Consiglio sono inventati e che la coalizione di governo ha trovato un suo equilibrio sostenendo che “a tracciare il solco è il PD e Conte va a riprendere le pecorelle pentastellate per riportarle nel gregge”. Un asse di governo dunque che si è spostato dal partito più grande all’alleato minore, un po’ come era successo già nel precedente esecutivo. Una lettura basata sui fatti e sulla scarsa coesione del gruppo parlamentare dei cinque stelle. Restano però le domande iniziali. Una coalizione di governo è tale se ha obiettivi comuni e non tratti di strada da percorrere insieme perché si è costretti a farlo dalle circostanze. La legislatura è ancora lunga, si chiude nel 2023. Ci sono passaggi fondamentali da affrontare sia dal punto di vista delle scelte di governo che da quelle elettorali con le amministrative che si terranno dopo l’estate. Insomma o aumenta il senso di responsabilità oppure l’agguato non verrà dall’esterno ma sarà un’ autorete.
di Andrea Covotta