La “Questione Meridionale”, si sa, ha origini datate. Ma è durante il periodo fascista che la forbice Nord-Sud si allarga notevolmente. Mussolini concentrò tutte le energie, e una quantità di opere infrastrutturali anche a livello di servizi, nelle aree del nord (Milano, Torino, Genova, ecc) lasciando al Sud le opere di bonifica che furono oggetto di una formidabile propaganda che, però, non creò sviluppo. Bisogna attendere il dopoguerra perché nel Mezzogiorno si accendano le politiche di sviluppo. E’ con Alcide De Gasperi che si registra l’alba nuova di una politica infrastrutturale che vede la Cassa per il Mezzogiorno progettare dighe, reti idriche, assetti stradali di rilievo, sostegno alle piccole e medie industrie, ecc. Campili, Vanoni, Saraceno, Pescatore, furono tra i protagonisti di quella stagione di innovazione. Che durò ben poco, perché la Cassa fu sotterrata e al suo posto avanzò, in modo baldanzoso e arrogante, un modo diverso di utilizzare le risorse destinate alle aree depresse. Quel modo ebbe una sola direzione: clientelismo. Si spendeva non per lo sviluppo, ma per finanziare chiese politiche in senso lato e parrocchie di appartenenti.
A questa azione di malgoverno, a questi banchetti degli amici tra amici raccoglitori di consensi maleodoranti, mi sento di escludere un irpino illustre, Fiorentino Sullo. Fu il più giovane della Costituente, il più attento allo sviluppo del Mezzogiorno, colui che volle, e si battette non poco, perché fosse realizzata l’Autostrada del Sole. Opera che non solo simbolicamente segnava una svolta epocale per l’avvicinamento tra Nord-Sud , ma come insegna ogni riflessione sull’economia, realizzava le condizioni perché intorno a quella infrastruttura potessero sorgere attività legate allo sviluppo. Quel giovane parlamentare, che se non fosse stato per l’on. Gianfranco Rotondi sarebbe finito nel dimenticatoio, fu anche il “rivoluzionario” promotore della legge sulla speculazione dei suoli che rappresentava allora l’immoralità nel settore nell’urbanistica, e che per questo fu fatto fuori dal fuoco amico. Aggiungo: ieri come oggi per effetto della bocciatura della Legge urbanistica gli speculatori pascolano indisturbati anche nella nostra regione e nel capoluogo irpino, talvolta alleati con la camorra.
Torno alla “Questione meridionale”. Intellettuali di grandissimo rilievo, come il nostro Giovanni Coppola, docente all’Università di Pisa, si sono impegnati per ricercare e denunciare i motivi delle latitanze del governo nei confronti del Mezzogiorno, peraltro ben analizzate anche nel saggio di Pino Ippolito Armino “Storia dell’Italia meridionale”, editore Laterza. Personalmente tra i tanti problemi elusi o non approfonditi per un percorso virtuoso della vasta area meridionale almeno tre considerazioni vanno approfondite. Il lavoro. Non si può trionfalisticamente, come fa il governo Meloni (e molti dei suoi trombettieri) sostenere che l’occupazione sia aumentata. Certamente lo è in quantità, ma non in qualità. Da questo punto di vista, precariato diffuso, fuga dei cervelli, borghi che si spopolano, disagio giovanile nell’inserirsi in processi produttivi anche di quei settori che cercano lavoratori qualificati senza trovarli, rappresentano l’altra faccia della medaglia di una difficoltà sempre più presente. Lo sviluppo. E’ solo, a mio avviso, a tempo, e legato a vicende straordinarie, come le risorse del Pnrr. Moltissime imprese lavorano per progetti che mai hanno avuto concretezza. Si va avanti con anticipazioni su ciò che dovrebbe essere realizzato. Risorse in alcuni casi sprecate per opere discutibili che accendono i campanili. Viene in mente ciò che accadde con i fondi del terremoto del 1980. Nacquero allora centinaia di nuove imprese che, però, con l’esaurimento delle risorse intanto fallirono, determinando una crisi che mai si era registrata fino ad allora. E che, in alcuni casi, resiste ancora oggi. Senza occasioni di sviluppo si registra la drammatica situazione di paesi interamente ricostruiti e oggi abbandonati, industrie del nord trasferite al sud perché obsolete con sprechi vergognosi, ecc. Accadrà anche questo, in modo diverso probabilmente, quando saranno esaurite le risorse europee del Pnrr? La sicurezza. È questo un altro elemento che determina una situazione di difficoltà nel Sud, dove c’è un motivo in più oltre quelli che allertano la pubblica opinione (femminicidi, incidenti stradali, bullismo, questione giovanile, ecc.): è la criminalità organizzata. Dall’agenda del governo è sparita questa emergenza che era presente, la palla al piede per una politica di sviluppo. Dove vanno a finire le risorse destinate al Mezzogiorno? Chi ha la capacità gestionale rispetto all’impoverimento burocratico delle istituzioni democratiche? Sì, sono i comitati d’affari. Con studi attrezzati, con personale qualificato, con “mazzieri” pronti a far obbedire. E, molto spesso, nel connubio della malavita con esponenti della politica che ricevono un consenso inquinato.
Credo che queste riflessioni, che andrebbero approfondite, non siano le sole che rendono il Mezzogiorno subalterno, ma che vi siano ben altre considerazioni che vanno approfondite. Penso alla questione morale mai risolta; al ruolo della classe dirigente meridionale nel suo impegno (o disimpegno?) di rappresentanza; alle tante zone d’ombra nei territori disamministrati; a quell’imboscata legislativa che è la legge per l’autonomia regionale differenziata, altrimenti definita Spaccaitalia.
Infine una considerazione che mi sta particolarmente a cuore. Quando alcuni anni fa firmai la fondazione del Quotidiano del Sud, nell’editoriale del primo numero in relazione alla “questione meridionale”, affrontai il rapporto tra emigrazione, Europa e Paesi del Mediterraneo. Feci di più: per circa sei mesi dedicai un’intera pagina a questo argomento che oggi ritorna di grande attualità. L’immigrazione viene vissuta al nord come risorsa, e invece al sud quasi sempre con la puzza sotto il naso. Molti degli immigrati sono infatti operai specializzati in lavori definiti umili che potrebbero essere impiegati nei comuni delle zone interne che si spopolano. Di contro il governo, con un battage pubblicitario straordinario, spreca ingenti risorse per l’invio e l’ospitalità in Albania. Una grande operazione-immagine, appena appena contestata da una sinistra che sta diventando sempre più una spina nel fianco della democrazia nel Paese. E l’Europa che fa? Belbetta. Asseconda la logica delle quote, paragonabile ai birilli da colpire difendendo il risorgente nazionalismo.
C’è poi l’aspetto dei Paesi del Mediterraneo. Il Piano Mattei, tanto declamato dal governo Meloni, non è altro che una contraddizione dello sviluppo meridionale. La logica era quella di dare aiuto ai paesi sottosviluppati facendo in modo che cessassero le immigrazioni. In realtà, non sono affatto cessate. È aumentato il business delle grandi imprese italiane che lì investono. Non discuto l’aspetto umanitario, ammesso che ci sia, ma queste risorse non potevano essere utilizzate per la rinascita del Sud? Anche in questo caso il Mezzogiorno serve per fare propaganda mentre la realtà, sotto gli occhi di tutti, è ben diversa. Propaganda che appare così insistente anche nei mezzi d’informazione, attraverso quegli uomini che, con il volto sorridente, quotidianamente si beano nel narrare i successi meloniani.



