La sempre più probabile bocciatura definitiva di Bruxelles della manovra italiana e lo scontro – aperto e poi risolto – tra le due formazioni politiche della maggioranza dell’attuale governo ripropongono il rischio di un indebolimento estremo della politica e l’ulteriore aumento dei poteri economici. Il rischio ha dimensioni ormai globali ed ha come epicentro l’Europa. È un rischio questo che costituisce la diretta conseguenza di un fenomeno deleterio di cui già avvertiamo la fase virulenta degli effetti, cioè la trasformazione dei cittadini in soggetti passivi, facile preda di abili imbonitori, senza pensiero, senza storia e quindi senza futuro. Più volte, anche dalle colonne del nostro quotidiano, abbiamo sommessamente – insieme ai colleghi opinionisti certamente più bravi di me – ravvisato l’urgenza di un diffuso risveglio della capacità critica, di una partecipazione attiva e responsabile per la scelta di una classe dirigente politica capace di concorrere al governo consapevole dei processi in atto, non solo quelli economici e finanziari, ma anche quelli umani, sociali, etici. Quel che resta dei vecchi partiti non si è rivelato capace di avanzare soluzioni adeguate alle difficoltà sempre crescenti di una comunità disorientata, incapace di esprimere un consenso democratico con solide motivazioni culturali, sociali, comunque generatrici di sviluppo integrale delle persone ad essa afferenti. Si è preferito sempre ricercare le scorciatoie più comode e funzionali ai propri interessi, di miserevoli dimensioni, senza promuovere il connettivo civile, umano e sociale, basilare per lo sviluppo di un tessuto comunitario coerente con il bene comune. Gli attuali scambi economici e comunicativi sempre più veloci e frenetici si scontrano con una politica dal respiro corto che tampona le emergenze, incapace di rimuovere alla radice le cause scatenanti di fenomeni e prassi non più controllabili. La crescente insoddisfazione della masse popolari sfocia nell’illusorio approdo all’antipolitca, agli imbonitori di turno che la storia recente e quella passata ci ha sempre presentato con i risultati spesso dimenticati o addirittura sconosciuti a causa di un deficit culturale mai seriamente risolto. L’auspicata capacità critica, attualmente da più parti invocata, presuppone una urgente e preventiva azione di dissodamento culturale e politico, come è avvenuto nel dopoguerra, nelle coscienze degli italiani e degli europei, grazie alla statura ammirevole di politici, educatori, operatori pazienti e capaci in tutti i campi relazionali, pubblici e privati, delle comunità nazionali. Il grosso dilemma che hanno davanti le democrazie occidentali, e l’Italia forse prima delle altre, è riscoprire le capacità per affrontare le sfide drammatiche che il panorama italiano ed europeo ci presenta, a cominciare dalla sopravvivenza innovativa e percepibile delle nostre liberaldemocrazie, recuperando la grande prospettiva di confrontarsi concretamente con le paure e le incertezze attuali. È, pertanto, auspicabile, che questa fase storica trovi nel modello di rinascita civile e sociale del dopoguerra italiano un esempio da riattualizzare per dotarsi di una grande capacità evolutiva per affrontare le tante emergenze globali. Questa possibilità è chiaramente collegata ad una grande e nuova solidarietà dell’Europa dei popoli e non dei mercati finanziari.
di Gerardo Salvatore edito dal Quotidiano del Sud