Questi prodotti agroalimentari tradizionali (PAT) sono il risultato di profondi legami vincolanti con fattori quali la tradizione, il territorio, le donne e gli uomini, le materie prime e per questo motivo non possono non essere considerati, quale parte integrante del patrimonio culturale della nostra terra.
Cosa sono i PAT, forse molti di voi che leggeranno li conoscono bene e questo non può che rallegrarmi, ma vi assicuro che la stragrande maggiora non sa assolutamente di cosa stiamo parlando.
A tal proposito, non me ne voglia nessuno, conosciamo i presidi slow di tutta Italia e non conosciamo i prodotti della nostra terra! Eppure sono questi prodotti che ancora creano economia, per i giovani, seppur pochi, che hanno deciso di portare avanti “produzioni di famiglia” e per amore della propria terra, l’Irpinia. Qualche sera fa ho avuto l’onore di essere invitata ad un’iniziativa dell’Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di Avellino. Serata ospitata nell’incantevole location de’ Il Mulino della Signora in Sturno, di proprietà del Professor Gianfranco Testa, patron di casa impeccabile come sempre coadiuvato dal suo braccio destro Lucio Cammisa. Lo stesso Testa ha portato avanti il suo progetto della Luxury Country House, improntato tutto sulla produzione dell’oro verde irpino: l’olio extravergine di oliva Colline dell’Ufita, dove insiste la proprietà e terra della Cultivar Ravece ed è prodotto PAT oltre al suo straordinario blend “Papaloia” e ovviamente il PAT – Marinese. Interessantissimo convegno coadiuvato in tutto dal Dott. Vincenzo d’Amato Presidente dell’Ordine dei Veterinari a cui tutti dobbiamo dire 1000 volte grazie, per aver ripreso il lavoro e prodigarsi in questa mission. “Io il lavoro non l’ho fatto da solo ma insieme ai miei colleghi, presenti e non e vorrei riprendere gli incontri”. –
Esordisce D’amato nell’illustrare il progetto -, facendo sentire la sua vicinanza e dell’ordine tutto, quale supporto ai micro e piccoli produttori irpini. Sottolineando la collaborazione e il supporto di un ente è determinante nel portare avanti “il progetto Pat”. La sua grande opera è far incontrare e connettere tra loro i produttori al fine di promuovere insieme questo straordinario ed unico “paniere di prodotti agroalimentari irpini”. Questi prodotti sono più del prodotto in sé, la mia affermazione nasce dalle storie di ogni singola produttrice e singolo produttore che durante la serata hanno voluto condividere con gli ospiti intervenuti per lo più esperti e professionisti del comparto agroalimentare come il Dott. Angelo Citro e parla del –PAT del ricordo o il Dott. Sabatino Troisi che, si compiace per l’immane lavoro, e per la terra irpina, unica. Ma torniamo ai produttori ed ai rispettivi PAT, perché sono loro “le sentinelle” che, grazie al loro lavoro, a volte, inconsapevolmente preservano l’ecosistema, proprio grazie alle produzioni e non abbandonandolo alla desertificazione. Iniziamo con la forza vulcanica di Sara Moscariello per il nuovo PAT – casu musciu-, oltre alla ricotta e il pecorino bagnolese – lei ha messo su una cooperativa di raccolta latte per produrre questi PAT, si è reinventata per amore. A seguire non meno eroina Nadia Savino che dopo vari master in giro per il mondo e lasciando un lavoro quale General Manager di una fiorente azienda, torna in Irpinia per amore della sua terra ed inizia il suo progetto –Biolù con il PAT – Cavatelli Irpini -con ricerca dei grani antichi locali e produzione di pasta e biscotteria. Non meno emozionante è stato l’intervento di Salvatore Forgione, allevatore di pecora Laticauda e del relativo “Carmasciano” da più di 50 anni, con annesso agriturismo in circa 18 ettari. Si continua con un altro maestro casaro Michele Scrina con il suo PAT-Cacio barile – un prodotto più unico che raro. E in Irpinia abbiamo anche una pregiatissima produzione di Tartufo oggi PAT – Tartufo nero di Bagnoli presentato dalla micologa Ernestina Gambale. Non può mancare l’intervento dell’empatico e grande imprenditore della “cipolla Ramata di Montoro” Nicola Barbato che, da solo ha riportato in auge la produzione e lottato per il riconoscimento IGP, storia di tenacia irpina e resilienza. Intervenuto con il suo PAT – parmigiana di cipolla ramata di Montoro, ad esser precisi prodotta da sempre dalla moglie Luisa Tolino. Interessantissimo lo spunto, partendo dal termine abusato di “rete”, a fine serata del giornalista e caporedattore de “il Mattino” di Napoli Aldo Balestra, il quale suggerisce di agire concretamente e cominciare a collaborare nel portare in giro insieme tutti i prodotti PAT. E suggerisce di mettere da parte il protagonismo e la litigiosità, altra caratteristica che ahimè ci contraddistingue e ci condanna, perché da soli non si va da nessuna parte. Ed aggiunge di non essere solo prodotti di nicchia, non serve. Ancora due interventi di giovani produttori: Felice Perillo con il suo nuovo PAT – Coda Di Volpe Rossa e ovviamente il suo stoico “Taurasi”, messo in vendita dopo almeno 10 anni. Ed arriva, con orario dettato dalle sue bimbe, le pezzate rosse, Antonio Ciani, figlio di Domenico alla 5 ª generazione di famiglia di allevatori. Ad onor di cronaca erano presenti i seguenti PAT, senza i rispettivi produttori perché impegnati a lavorare, altro limite per i piccoli produttori, quali – Schiacciata delle Mefiti – Caciocavallo del Formicoso – Patata di Trevico – L’antico bignè di Solofra, insieme al Panettone rustico con 4 PAT irpini di Raffaele Vignola, quali: Broccolo Apriliatico di Paternopoli, caciocavallo irpino, Lardiello irpino e olio extravergine marinese.
Le sentinelle dei nostri territori irpini
“D’Amato ci ha portato o meglio ha aperto il forziere di tutte le prelibatezze che da anni intercede e segue” – interviene a chiusura il Direttore Generale IZSM Antonio Limone – non manca di sottolineare le storie di eroicità e resilienza dei produttori. È vero che non abbiamo politica europea e tantomeno locale, anzi. Ma noi siamo in una terra straordinaria grazie alle condizioni pedoclimatiche le stesse che, ci permettono di avere i prodotti straordinari ed unici, nulla è un caso e non ce n’è per nessuno. Bisogna creare indotti specifici e cuciti addosso per creare il turismo “enogastronomico. Ricordo che ad oggi la nostra Regione Campania conta 601 PAT di cui più del 22% sono irpini. Ricordo che l’interesse dell’Ordine dei Veterinari è nato perché sono prodotti in prevalenza di provenienza animale. Abbiamo davvero il forziere dei sapori e delle tradizioni dei nostri antenati, non li sprechiamo. Abbiamo il dovere di preservarli, perché trattasi di un patrimonio cultura-storico unico al mondo, ovvero “DiVini”, titolo che si è dato al convegno. E tutti i patti presenti hanno costituito il menù degustazione preparato dallo staff de’ il Mulino della Signora.