E’ stata l’occasione per una riflessione tra passato e presente, dalla lunga battaglia per l’emancipazione femminile alla mancanza di una politica culturale cittadina efficace, che parta dal teatro, il confronto dedicato al volume “Creature da palcoscenico” di Maria Grazia Cataldi, tenutosi ieri presso Villa Amendola, nell’ambito della rassegna “Avellino letteraria”. Una rassegna, dedicata quest’anno al tema della resistenza, illustrata da Annamaria Picillo, direttore artistico e dalla giornalista Daniela Apuzza. “Una resistenza alla globalizzazione imperante, allo strapotere delle tecnologie – hanno spiegato Apuzza e Picillo – in difesa dell’umano, una resistenza in cui la letteratura può giocare un ruolo cruciale per scrivere un nuovo umanesimo. Di qui la sfida di rassegne come queste che si nutrono di cultura e partecipazione e diventano spazio di confronto”. Un valore ribadito anche dalla dirigente dell’Ufficio Scolastico Provinciale Fiorella Pagliuca “E’ fondamentale affiancare i ragazzi e avvicinarli alla cultura, trasmettere loro la passione per la letteratura. La scuola è chiamata a fare uno scatto in avanti, a proporre l’idea della cultura come possibilità di comprendere l’essenza del reale, a fornire modelli pedagogici ed esistenziali, nella consapevolezza che la responsabilità collettiva è la somma di tante responsabilità individuali”. Alla storica Cecilia Valentino il compito di introdurre il volume di Cataldi “Uno studio frutto di anni di ricerca, che ricostruisce la presenza delle donne nel teatro, dalla commedia dell’arte al dopoguerra, da Eleonora Duse, la Divina a Elvira Notari, la prima regista donna”. Una riflessione a tutto campo che pone l’accento sull’esclusione delle donne dagli spazi sociali in nome della maternità, che decretava una netta distinzione tra lo spazio privato, destinato a mogli e madri e lo spazio pubblico destinato agli uomini. “Fino al ‘500 – spiega Cataldi – mancano segni di presenza femminile nel teatro, solo successivamente cominceranno ad emergere le prime comiche, in molti casi figli d’arte, dimostrando di possedere talento e attitudine. Nella mia ricerca mi sono imbattuta in centinaia di nomi di donne impegnate nel mondo dello spettacolo”.
E sono ritratti di figure femminile capaci di parlare anche alle donne di oggi a stagliarsi tra le pagine come “Eleonora Duse, attrice costretta a farsi imprenditrice e a fare i conti con una cassa costantemente in rosso. Accettava faticose tournèe all’estero per incrementare le sue entrate, dovendo rinviare l’allestimento di opere di grandi drammaturghi come D’Annunzio che andava in bestia per i suoi ritardi, tanto da affidare poi i suoi testi a Sarah Bernhardt. Era la serietà e professionalità di queste donne a metterle in difficoltà”. O ancora Adelaide Ristori ” che si face ambasciatrice della politica unitaria cavouriana, portando in scena personaggi attraverso i quali trasmettere messaggi alla comunità”. Fino a Emilia Maglio “commediografa che scelse uno pseudonimo maschile per scrivere così da ottenere maggiore credibilità. A lei si rivolse Edoardo chiedendo di scrivere commedie per lui. Senza di lei non sarebbe stato probabilmente l’Edoardo che abbiamo conosciuto, consentendogli di uscire dal circuito partenopeo”. Fino a Cecilia Mangini “fotografa capace di porre l’accento sui diritti delle donne”.
Cataldi ricorda come “Fino agli anni ’60 a prevalere sarà un pensiero maschilista che continuerà a estromettere le donne dagli spazi culturali e di potere. La stessa Elvira Notari nelle sue opere proponeva un’immagine non certo edulcorata della società, una scelta di andare al di là delle convenzioni sociali che ne decretò l’esclusione dai circuiti culturali”.Il direttore del Corriere dell’Irpinia Gianni Festa pone l’accento sul valore di un libro che parla anche al presente, al ruolo cruciale delle donne nella società, alle difficoltà con cui devono fare i conti e ricorda come “la città vive, oggi, una condizione di agonia. di cui è conferma lo stato di semiabbandono in cui versa il Teatro Gesualdo. Che fine ha fatto quello che doveva essere il fiore all’occhiello della città”. E’ Maria Grazia Cataldi, per anni nel Cda del Teatro, per poi diventare lei stessa direttore, a sottolineare con amarezza “l’inefficacia della gestione che oggi caratterizza il Teatro. Fu inaugurata nel 2002, a gestirlo era il Comune di Avellino. Quando ci si rese conto che non era facile governare una macchina come quella teatrale fu costituita nel 2004 l’Istituzione Teatro Carlo Gesualdo. Entrai nel Cda quando alla guida c’era il giudice Iannarone che si dimise nel 2007 per motivi personali. Fui io a subentrare e a gestirlo per tre anni, cercando di coinvolgere le scuole di danza, le associazioni, proponendo cartelloni differenti per accontentare un pubblico più vasto. Le difficoltà finanziarie c’erano ma riuscivamo a rimpinguare le casse con i saggi delle scuole di danza che arrivavano anche da fuori Avellino. Uno spazio di 1187 posti come questo deve essere utilizzato con continuità, proponendo un cartellone variegato, aprendo a una compartecipazione di associazioni e compagnie, garantendo una manutenzione costante, altrimenti diventa impossibile farlo funzionare. Si rischia di non valorizzare le enormi potenzialità che ha” A portare i propri saluti Edgardo Pesiri dell’associazione Carlo Gesualdo e Carlo Santoli, docente all’Università di Salerno che ricordano la sfida di creare un polo umanistico in Irpinia, attraverso il ruolo delle associazioni, sottolineando con amarezza l’assenza delle istituzioni, quando si tratta di iniziative culturali. Sono, poi, le “Voci di donna” di Anna Savelli, Angela Martino, Mena Matarazzo e Ilia Caso a far rivivere alcune delle donne protagoniste delle pagine, a Paolo De Vito il compito di accompagnare l’incontro con letture di pagine del testo e canzoni. Bravissima anche la soprano Nunzia D’Alessio. Ad accompagnare Annamaria Picillo nella conduzione della serata anche la piccola Clarissa Festa. A raccontare l’universo delle donne anche la mostra di Marco Abete che consegna “ritratti femminili realizzati attraverso la rielaborazione digitale di fotografie, in un percorso di ricerca in cui l’arte liberty incontra una visione surreale”. In sala, tra le curiosità, anche l’inviato di Striscia Luca Abete, che si è concesso ai presenti con la consueta simpatia, regalando autografi e foto.