di Vera Mocella
Non è facile parlare di te, Papa Francesco, nonostante lo soavità del lunedì dell’Angelo, giorno della tua scomparsa, porti con sé, inevitabilmente, il profumo di Resurrezione, di Cieli nuovi. Molti stanno parlando di te, del tuo pontificato, delle tue aperture, di quello che sei stato per tanti di noi, di quello che hai rappresentato, anche per i non credenti. Ogni essere umano che lascia la terra, porta con sé, oltre alle cose visibili, l’alone invisibile delle cose segrete, misteriose, che solo Dio conosce. Sei stato un segno, Papa Francesco, che si svelerà solo nel reticolo dei minuti, delle ore, dei giorni, degli anni. Ricordiamo la sue venuta tra gli studenti della Pontificia Facoltà teologica dell’Italia Meridionale (San Luigi), ad impronta chiaramente gesuitica, in quell’ormai lontano 21 giugno 2019, la ventata di gioia e di speranza che portasti allora, in una estate torrida, ma piena di luce. Eravamo in tanti, ad attenderti, quel giorno, per una teologia del Mediterraneo aperta a nuovi spazi, a nuovi scenari, a nuovi orizzonti. Eravamo in tanti, e non solo studenti che avrebbero intrapreso la carriera ecclesiastica, ma anche laici, laiche, soprattutto studentesse assetate della verità liberante del Vangelo e di confrontarsi con te, su domande, alcune delle quali, attendono una risposta, attendono il loro compimento in un futuro prossimo. Così ti accoglievamo quel giorno, mentre stringevi mani e captavi sguardi complici. Anche un manipolo di studenti, soprattutto laici e laiche, a quel tempo, avevano redatto un testo dal titolo emblematico: “Prima che gridino le pietre”, guidati soprattutto dal docente di Storia della Chiesa contemporanea, Sergio Tanzarella e dalla professoressa Anna Carfora, docente di Storia. Questo uno stralcio dell’intervista rilasciata da Tanzarella per Vatican news, del 17 giugno 2019 «Si tratta di laici e di laiche in particolare. Laiche che studiano teologia fino al baccalaureato, fino alla licenza, e la loro presenza per noi è straordinariamente arricchente; ma anche perché poi, in particolare, per quanto siano passati solo alcuni decenni dall’ingresso delle donne nello studio della teologia, ancora resta molto da fare. Le donne restano una categoria non solo numericamente minoritaria, ma restano comunque una categoria che rischia di essere marginale nello studio della teologia. E allora dare la possibilità a loro di farsi sentire, di scrivere al Papa e di manifestare la loro richiesta di riconoscimento, di protagonismo in una struttura che, in generale, resta fortemente clericalizzata, ci è sembrata una occasione importante da perseguire.» Così ti ricorda anche Umberto Rosario Del Giudice, teologo e docente corsi Irc alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale: «Papa Francesco è stato innanzitutto il primo figlio del Concilio Vaticano II ad essere eletto Papa. Mentre Wojtyla era già vescovo al Concilio e Ratzinger perito, Francesco era un giovane gesuita, praticamente ancora in formazione. Proprio per questo motivo, si può dire il primo Papa figlio del Concilio, che ha incarnato quelle aspirazioni (senza credere di avere la responsabilità di doverle controllare).È un papa che con le azioni ha smesso la dottrina (è arrivata prima la lavanda dei piedi nei carceri anche con donne al posto degli apostoli, che il cambiamento della rubrica liturgica). È stato un Papa, dunque, che ha smosso. Ma anche un Papa capace di camminare con tutti.» Erano tempi di speranza, e a te, Papa Francesco, affidammo i nostri sogni. Noi speriamo sempre che questi sogni possano fiorire, anche con i semi che tu hai gettato in quel giorno, camminando con noi, sotto il cielo azzurro indaco di Posillipo.