Rosa Bianco e Fiore Carullo
A poco più di un anno dalla scomparsa di uno dei più longevi leader della Democrazia Cristiana, si terrà il 17 ottobre dalle ore 9,30 all’ Istituto Sturzo, in Via delle Coppelle 35 a Roma, il Seminario IL POTERE DISCRETO DI ARNALDO FORLANI, organizzato dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dell’ 80esimo anniversario della nascita della Democrazia Cristiana insieme all’Istituto Luigi Sturzo, nell’ambito del ciclo di studi e convegni sull’80° anniversario della nascita della Democrazia Cristiana, per ricordare una figura centrale nella storia del partito e, più in generale, nella politica italiana del secondo dopoguerra.
Questo è il programma:
Prima sessione – dalle 9:30 alle 13:00
La giornata inizia con un intervento introduttivo di Nicola Antonetti, a cui segue la presidenza di Francesco Malgeri. Durante la mattinata, diversi studiosi e esperti offrono il loro contributo. Giorgio Girelli affronta il tema della formazione e dell’impegno politico nella zona di Pesaro, mentre Giovanni Tassani esplora il percorso dal dossettismo all’Iniziativa democratica. Agostino Giovagnoli discute il ruolo di figure chiave come Fanfani e Forlani nella democrazia italiana, mentre Giuseppe Sangiorgi riflette sul famoso convegno di San Ginesio, cercando di distinguere tra mito e realtà. Infine, Michele Marchi analizza la prima segreteria politica della Democrazia Cristiana.
Seconda sessione – dalle 15:00
Nel pomeriggio, la presidenza è affidata a Luigi Giorgi, che introduce una serie di interventi di rilievo. Alessandro Forlani apre la sessione con un suo contributo, seguito da Antonio Varsori, che esamina il periodo in cui Forlani ha ricoperto il ruolo di Ministro degli Esteri tra il 1976 e il 1979. Paolo Carusi si sofferma invece sul governo Forlani (1980-1981), mentre Luigi Giorgi analizza gli anni del CAF, l’alleanza politica tra Craxi, Andreotti e Forlani. Giampaolo D’Andrea conclude questa parte con una riflessione sulla seconda segreteria politica della Democrazia Cristiana, dal 1989 al 1992.
Tavola rotonda finale
A chiudere il seminario, una tavola rotonda che vede la partecipazione di figure di spicco della politica italiana come Pier Ferdinando Casini, Gennaro Acquaviva, Claudio Petruccioli, Paolo Cirino Pomicino e Marco Follini, che discuteranno del lascito politico e umano del leader democristiano ricordato durante la giornata.
Chi era Arnaldo Forlani?
Nell’arco della storia politica italiana, il nome di Arnaldo Forlani occupa un posto di rilievo per chiunque abbia studiato l’evoluzione della Democrazia Cristiana (DC), il partito che ha plasmato il destino dell’Italia repubblicana per oltre mezzo secolo. In un panorama politico spesso dominato da figure carismatiche e protagonisti dall’alto profilo mediatico, Forlani rappresenta una tipologia di leader diversa: il simbolo di un potere discreto, capace di influenzare le dinamiche del Paese senza mai cercare la ribalta personale.
Forlani, nato a Pesaro nel 1925, è entrato giovanissimo nelle fila della DC, formando quella che sarebbe poi diventata la classe dirigente del partito. Nel corso degli anni, ha saputo tessere una rete di alleanze politiche basate sulla sua grande capacità di mediazione e sull’equilibrio tra le diverse anime della Democrazia Cristiana, dal moderato conservatorismo all’apertura verso le istanze progressiste. È stato, in tal senso, un perfetto rappresentante della scuola democristiana, che considerava la politica come arte del compromesso e del dialogo, piuttosto che come terreno di scontro ideologico.
Il suo percorso è emblematico della trasformazione della DC e, più in generale, dell’Italia tra gli anni Sessanta e Ottanta. In un periodo segnato dalla Guerra Fredda, dalla crisi economica e dagli anni di piombo, Forlani ha saputo manovrare con astuzia e prudenza, dimostrando una notevole capacità di adattamento ai cambiamenti di un contesto internazionale e nazionale in continua evoluzione. Fu segretario del partito tra il 1969 e il 1973 e poi di nuovo nel 1989, in un momento in cui il mondo stava assistendo al crollo del blocco sovietico e la politica italiana si preparava a un cambiamento radicale.
Uno degli aspetti centrali del suo potere era la capacità di lavorare nell’ombra, lontano dai riflettori, ma sempre in prima linea quando si trattava di prendere decisioni fondamentali. Se Giulio Andreotti e Aldo Moro rappresentavano le figure più iconiche e visibili della DC, Forlani incarnava quella corrente politica che agiva con pragmatismo e una forte inclinazione al controllo delle dinamiche interne del partito. La sua leadership non era mai urlata, bensì costruita attraverso la paziente tessitura di rapporti interpersonali, una profonda conoscenza dei meccanismi del potere e un’innegabile abilità strategica.
Forlani non fu solo un abile mediatore all’interno del partito, ma anche una figura chiave nel panorama politico italiano. Il suo contributo fu decisivo in momenti critici della storia repubblicana, come la gestione delle crisi politiche interne e l’evoluzione dei rapporti con il Partito Comunista Italiano, soprattutto nel contesto del compromesso storico. Tuttavia, la sua abilità si manifestò anche e soprattutto nel mantenere l’unità del partito, un’impresa ardua in un partito “multanime” come la DC, dove diverse correnti coesistevano spesso in conflitto.
Il culmine della carriera politica di Forlani giunse nel 1980, quando divenne Presidente del Consiglio, in un governo che ebbe vita breve ma che contribuì a stabilizzare il Paese in un momento di forte instabilità economica e sociale. Pur non essendo una figura capace di suscitare passioni popolari, Forlani si guadagnò il rispetto per la sua capacità di mantenere un profilo di stabilità in tempi turbolenti, un tratto distintivo della sua lunga carriera politica.
Tuttavia, il crollo definitivo della Democrazia Cristiana, travolta dall’inchiesta “Mani Pulite” nei primi anni ’90, segnò anche la fine del potere di Forlani. Coinvolto marginalmente nelle vicende giudiziarie che sconvolsero il sistema politico italiano, Forlani vide la sua carriera spegnersi senza clamore, in modo coerente con il suo stile di leadership: silenzioso, ma determinante. La dissoluzione della DC sancì anche la fine di quel modo di fare politica in cui Forlani era maestro, un sistema di gestione del potere basato su relazioni personali, discrezione e la costante ricerca di equilibri.
In un’epoca in cui la politica si gioca sempre più sulla visibilità mediatica e sulla personalizzazione del potere, la figura di Arnaldo Forlani appare quasi anacronistica, ma allo stesso tempo affascinante. La sua capacità di esercitare un’influenza decisiva senza mai alzare la voce né cercare il protagonismo è un esempio raro di un approccio alla politica che oggi sembra perduto. Forlani non ha mai cercato di essere una star, ma ha lasciato un’impronta indelebile nella storia della Democrazia Cristiana e del Paese.
Il potere discreto di Arnaldo Forlani è, in ultima analisi, il riflesso di quella Democrazia Cristiana che ha governato l’Italia per quasi cinquant’anni: un potere esercitato non con clamore, ma con la sapienza dell’equilibrio e del compromesso, che ha saputo garantire al Paese una lunga stagione di stabilità, pur con tutte le sue ombre e i suoi limiti. La parabola di Forlani è dunque la parabola di un’intera classe politica, oggi guardata con un misto di nostalgia e critica, che ha fatto della discrezione la sua arma più potente