“La soluzione non può arrivare dal civismo ma da associazioni politiche e culturali che non abbiano il respiro della provincia e siano in grado di confrontarsi in maniera dialettica con la realtà. Avellino è una città del mondo, che ha bisogno di aprirsi ai fermenti che arrivano da tutti i luoghi, di qui la necessità di individuare con ogni mezzo possibile classi dirigenti che siano all’altezza di questo dialogo”. Lo sottolinea con forza il professore Toni Iermano nel corso di un confronto alla Biblioteca Provinciale di Avellino, moderato dal giornalista Pierluigi Melillo, sui “Partiti senza elite ed Educazione alla politica nel Mezzogiorno di oggi. Il Caso Irpinia”. Un incontro che ha il sapore di una chiamata alle armi, poichè è un invito a ciascuno dei presenti a fare la propria parte, ad essere uomini liberi, protagonisti della propria vita, pronti a offrire il proprio contributo alla comunità. Spiega come “Le classi dirigenti si formano nel lungo periodo attraverso la scuola, la ricerca, le relazioni umane, l’esperienza, attraverso il confronto che è l’essenza della politica. Oggi viviamo in un deserto ibrido in cui si fa fatica ad orientarsi, lo dimostra il distacco dei giovani da tutto ciò che è voto e partecipazione. Gli stessi partiti sono specchio della società, troppo spesso pensiamo che esista una differenza tra paese legale e reale ma anche il cittadino ha una responsabilità nel selezionare le classi dirigenti. C’è una chiara correlazione tra decadimento della cultura e della politica, da questo punto di vista è fondamentale ripristinare le finalità della scuola nella formazione delle persone, poichè dietro l’educazione culturale c’è sempre una forza etica. E la dimensione morale è sempre una garanzia per la comunità. Dobbiamo ripartire dalla centralità delle persone”.
E sul momento difficile che vive la città “Siamo convinti che il Sud sia il centro della questione italiana, di qui l’importanza di non restare a guardare ma di agire. La città di Avellino, che è specchio di questa crisi, può ripartire dal buonsenso, riprendere le sue storiche vocazioni, quelle di una città di provincia, ordinata, con un buon livello di rappresentanza culturale, che ha smesso di esercitare il proprio ruolo da troppi anni, guidata da persone che non sono adeguate al loro ruolo. Una sorta di contrappasso se pensiamo agli uomini che l’hanno rappresentata in Italia sul piano nazionale. Mentre gli amministratori devono essere sempre persone che hanno conoscenza della realtà. L’ambizione non è un male, lo diventa quando finisce per mettere da parte i valori fondativi della comunità”. E spiega come non è un caso “la scelta di partire da un luogo che è il cuore della cultura del territorio, la Biblioteca Provinciale che accoglierà una serie di incontri aperti al contributo di tutti”. Ribadisce come “Si finisce per scontrarsi troppo spesso contro un sistema difficile da scardinare, come quello che caratterizza oggi la politica della Regione”. Non lesina critiche al Pd “come fa un partito che non riesce a creare ricambio generazionale, nè riesce a mettere ordine al proprio interno a dare ordine alla società, costretto a fare i conti con la questione delle tessere?”. Malgrado tutto, Iermano lo ripete più volte, non è il tempo della lamentazione “Bisogna guardare avanti, individuando nuovi linguaggi che ci mettano in comunicazione con il mondo e riescano a catturare la curiosità dei giovani”
Lo scrittore Franco Festa ribadisce come “La crisi non riguarda solo Avellino, ma la Campania, l’Italia, il panorama internazionale. La parola politica ha perso significato, sostituita da quella di potere e il potere non ha bisogno della politica. Ognuno si mostra nella sua arroganza, per quello che è, senza bisogno di nascondersi. Dobbiamo perciò fare i conti con un sistema di potere finalizzato alla distribuzione del denaro pubblico, lo dimostrano le vicende della nostra città in cui l’illegalità diventa bandiera e la città si riconosce in un soggetto che si colloca al di sopra dei magistrati. Gli stessi consiglieri comunali sono figure anonime di cui ignoriamo nomi e cognomi e che possono incidere poco sulla vita della città. Di qui la necessità di ritornare a dare alla politica il suo significato, così da rimettere in piedi un sistema frantumato”. Sul civismo ribadisce come “si sia travestito da politica ma abbia rappresentato interessi precisi. Non so se c’è stata una stagione in cui poteva essere un’alternativa, oggi non lo è. Parla ai cittadini con un linguaggio populista ma non va in direzione del bene comune”. E sul ruolo a cui è chiamata la società civile “Sta diventando un mito, ma è chiaro che la responsabilità di ciò che accade non è solo di chi comanda ma di chi glielo consente, di chi va a votare. Il problema, oggi, è ricostruire il noi, il passaggio cruciale è proprio quello dall’io che trionfa in tutte le forme al noi. La società civile, da parte sua, può essere complice o indifferente con pochi punti di resistenza, come questa comunità che si ritrova in Biblioteca. Quel che è certo è che avvertiamo un’esigenza di verità”. Ribadisce come la risposta alla crisi che attraversa la società può arrivare solo dalla scuola su cui va condotta una battaglia “perchè non si riduca a mercato, snaturando sè stessa”. Ma si dice ottimista “Non è detto che il Medio Evo debba trionfare. Dobbiamo sperare che un fremito di rinnovamento torni a farsi sentire”
Il senatore Enzo De Luca ribadisce l’importanza di un percorso come quello rappresentato da questo ciclo di incontri, fortemente voluto dal professore Iermano “E’ chiaro che la condizione di fondo è il recupero di quella comunità politica che si identifica nei partiti. Viviamo il tempo della complessità, non c’è chi vince e chi perde, in una società come la nostra fortemente interconnessa, se viene meno la democrazia perdiamo tutti. Ecco perchè dobbiamo recuperare il concetto di rappresentanza ma con i partiti dell’attuale scenario politico è sempre più difficile. Ne è un esempio il Pd, che non si apre alla società, né consente agli iscritti di partecipare. Come si fa, in queste condizioni, a recuperare il consenso rispetto all’astensionismo dilagante? Altro che democrazia, di questo passo rischiamo di avere una monarchia illiberale, non è concepibile che con tutti i problemi di legalità e occupazione con cui deve fare i conti la Campania, il partito che dovrebbe essere l’architrave del governo del territorio sia commissariato. Dobbiamo fare i conti con ricorsi su ricorsi, ma se non troviamo un momento di confronto, difficilmente arriveremo ad un’alternanza democratica. La sfida è recuperare il valore dell’appartenenza, di qui il mio appello a riunire associazioni, partiti e cittadini. Solo in questo modo potremo tutelare la democrazia e garantire un futuro alle nuove generazioni”. E sulla questione tessere che resta irrisolta “Il problema è sempre quello del mancato finanziamento ai partiti e i partiti, lo sappiamo hanno bisogno di risorse per portare avanti il loro impegno ma bisogna innanzitutto dare risposte sui grandi problemi che vive il paese”. Ribadisce come “porto avanti il mio impegno con l’Osservatorio regionale dei rifiuti perchè credo nella centralità del rispetto dell’ambiente e la tocco con mano quando incontro gli studenti. Eppure ho fatto fatica a promuovere un incontro sul tema nell’ambito del Partito”.
A porre l’accento sulla necessità di riorganizzare il Partito democratico Gerardo Capozza “Chi ha responsabilità deve creare aggregazione, momenti di dibattito e confronto, bisogna superare personalismi con l’obiettivo di lavorare insieme. Non si può stabilire il primato dell’economia sulla politica”. E ritorna sulla necessità di una selezione più attenta “della classe dirigente a cui dovrebbe affiancarsi una legge elettorale che restituisca al Parlamento la sua centralità, nel rispetto dei cittadini”. Quindi è Antonio Gengaro a prendere la parola, ricordando la lezione del sindaco Antonio Di Nunno, che seppe sempre anteporre gli interessi personali a quelli della collettività.