La Campania si conferma al primo posto della classifica con più illeciti ambientali: 4.952 reati, pari al 14% del totale nazionale. Maglia nera per la provincia di Napoli con 1.494 reati, seguita da Avellino dove l’illegalità è in forte crescita con 1.203 reati, pari al +72,9%. E’ quanto emerso nel corso dell’evento “Ecomafia in Terra Irpina” teniutosi stamane presso il Circolo della Stampa.
La criminalità ambientale registra numeri da record per la provincia di Avellino: 1.203 reati ambientali accertati grazie al lavoro delle forze dell’ordine nel solo 2023, pari al 3,38% del totale nazionale, collocando il territorio al secondo posto in Italia per numero assoluto di ecoreati, subito dopo la provincia di Napoli.
Il fenomeno colpisce in modo particolare i settori del ciclo dei rifiuti, con 763 reati accertati (primo posto nella classifica nazionale), e quello del cemento, con 349 reati (secondo posto). Seguono gli illeciti legati ai reati contro gli animali e agli incendi boschivi e di vegetazione. Il 2023, anno analizzato nell’ultimo rapporto, ha presentato un incremento dei reati del 72,85% rispetto a quello precedente. Nello specifico, il rapporto analizza il ciclo illegale del cemento, quello dei rifiuti, i reati contro la fauna e gli incendi boschivi, oltre che la presenza delle organizzazioni mafiose in Irpinia (con il Clan Moccia e il Nuovo Clan Partenio) e dello scioglimento dei Comuni per infiltrazione mafiosa (Monteforte Irpino, Quindici, Pratola Serra).
Il bilancio dell’ultimo decennio è preoccupante: 7.496 reati ambientali registrati tra il 2014 e il 2023, alla media di 2 illeciti penali al giorno, con un trend in crescita costante che ha visto la provincia risalire la classifica nazionale fino ai nel 2023. Le persone denunciate sono state 5.511 e 821 i sequestri.
“Di tutto il lavoro svolto dalle forze dell’ordine, dalle donne e dagli uomini che ogni giorno sono impegnati nel contrasto ai fenomeni di illegalità ambientale, va riconosciuto il valore. Questo significa che vengono effettuati controlli, che è in atto un’azione incisiva in questa provincia da parte delle forze dell’ordine e della Procura” ha dichiarato Enrico Fontana, responsabile dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, a margine dell’evento presso il Circolo della Stampa di Avellino.
“I dati sono preoccupanti e devono rappresentare un campanello d’allarme. Si tratta di illegalità ambientale, di criminalità ambientale — spesso con implicazioni economiche — connessa anche a interessi di natura mafiosa. Sono reati spia e, dunque, bisogna prestare attenzione quando questi numeri crescono, perché dietro di essi si celano attività illecite” ha sottolineato.
“Questi dati ci raccontano una situazione molto buia, con oltre 1200 ecoreati in provincia di Avellino. – prosegue Antonio Di Gisi, presidente di Legambiente Avellino – Noi abbiamo ricostruito gli ultimi 10 anni e la maggior parte sono legati al ciclo illegale del cemento e al ciclo illegale di rifiuti. Sui rifiuti, in particolare, c’è stato un decisivo aumento nell’ultimo anno, una grande esplosione che ci preoccupa e su cui bisogna attenzionare anche la politica locale per trovare soluzioni”.
All’evento, ha presenziato il Procuratore della Repubblica di Avellino, Domenico Airoma,: “Io non sottovaluterei affatto questo compito informativo, credo che sia invece decisivo. – ha dichiarato Airoma – C’è un passaggio nella sentenza della Corte di Strasburgo che sottolinea proprio le varie deficienze delle istituzioni italiane, tra cui quella relativa all’obbligo di informare adeguatamente le comunità interessate. Dunque, tutto quello che si fa per colmare questo gap informativo è sicuramente importante, ma direi anche che va verso una prospettiva di ricostruzione.Come spesso dico, non c’è peggiore condizione del malato che non sa di quale malattia è affetto perché non può curarsi, non è messo in condizione di curarsi. E allora noi abbiamo questo dovere, quello di dare un’informazione complessa, esaustiva, veritiera. Per molto tempo sono stato nella Terra dei Fuochi, e per quanto tempo ho ascoltato affermazioni del tipo “non esageriamo perché altrimenti non si vendono più le mozzarelle”, come se questo provocasse danno, ma un danno in realtà è già stato fatto, quindi informiamo, diciamo la verità perché la verità non può che fare bene”.
“I dati che voi avete illustrato – ha concluso – evidenziano un altro aspetto fondamentale che non dobbiamo mai dimenticare e che per certi aspetti è stato un po’ il vizio di alcune impostazioni eccessivamente specialistiche in materia ambientale. Ovviamente non intendo dire che non sia importante una specializzazione di investigatori in materia ambientale, è evidente che questo è quello che si richiede, ma quello che dobbiamo evitare è pensare che l’indagine ambientale sia un’indagine che in qualche modo possa essere circoscritta al profilo esclusivamente ambientale. In realtà, questi dati dimostrano come l’indagine in materia ambientale è sempre più connessa con l’indagine che riguarda l’attività economico-finanziaria e amministrativa, non ha senso impostare un’indagine ambientale se non si conoscono anche i circuiti economico-finanziari”.