Di Vincenzo Fiore
Le ultime due statistiche pubblicate sul numero di lettori nel nostro Paese, ci regalano uno spaccato contraddittorio sul rapporto tra cultura letteraria e italiani. Per AIE (Associazione Italiana Editori) in Italia legge addirittura il 74% delle persone, numero che non spiegherebbe il dilagante e sempre crescente analfabetismo funzionale, mentre per l’Istat soltanto il 39%, collocandoci al penultimo posto in Unione Europea. Per far tornare i conti, prima di domandarci a questo punto quanti in Italia conoscano la matematica, è opportuno comprendere quale domanda sia stata posta all’intervistato e quale criterio sia stato valutato. Per AIE – che considera il libro un mero prodotto di mercato – viene calcolato qualsiasi testo sia stato semplicemente acquistato o sfogliato (compresi quelli da colorare), anche per obblighi scolastici o professionali. È chiaro che tale linea di impostazione rischi di annacquare e invalidare un’analisi sulla società, ma al tempo stesso è ovvio che AIE sia interessata semplicemente al numero di vendite e non a uno spaccato sociologico. L’Istat al contrario ha cercato di capire quanti italiani siano stati interessati alla lettura nell’ultimo anno e, di conseguenza, il risultato è raccapricciante.
Qualora venisse studiata la qualità dei libri effettivamente letti, capiremmo di ritrovarci spesso dinanzi a lettura e non certo a letteratura. La classifica dei libri più letti nel 2023 trova in top-ten personaggi come il generale Vannacci con la sua raccolta di chiacchiere da bar, a cui va dato il merito di aver scoperto che il mondo sia effettivamente al contrario, poiché non si spiegherebbe altrimenti il motivo del suo successo. La medaglia d’argento va a Tillie Cole con il suo romanzetto rosa – persino in copertina – Dammi mille baci la cui frase di lancio recita: «Un bacio dura un attimo. Ma mille baci possono durare un’eternità», aforisma che potrebbe far impallidire persino il Moccia dei tempi migliori. Al primo posto, assegnata la medaglia d’oro – ma non potrebbe essere di altro materiale – al principe Harry con i suoi pettegolezzi di corte. Chissà cosa ne penserebbe Umberto Eco, che sosteneva: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro». Ma forse è racchiuso proprio qui il dramma della nostra contemporaneità: noi ci sentiamo già immortali, crediamo di esserlo nei like sui social network, nella comodità della nostra ignorante indifferenza.
La stessa indifferenza che ha combattuto un’inaspettata Paola Cortellesi con il suo film C’è ancora domani, la pellicola italiana più vista quest’anno. Un film a tratti neorealista che, con una straordinaria semplicità, è riuscito a lasciare un piccolo segno in tante persone, soprattutto fra i più giovani. La scena finale ambientata in una cabina elettorale lancia un messaggio chiaro e preciso in tema di diritti, che riesce a scuotere l’assopimento civico di gran parte degli spettatori. Dunque, se il 2023 fosse una storia da raccontare sarebbe di gran lunga meglio il film che il libro.