Lasciamo perdere (si fa per dire) il costante ricorso al fascismo che viene utilizzato per paragoni con la destra attuale. Quello fu un tempo di libertà negata, di violenza psicologica, di terrore e di compromessi in nome del Duce. Interroghiamoci invece su ciò che accade in questo tempo in cui alcuni valori vengono stracciati da un potere che conserva nel suo dna il concetto di ordine come repressione. Oppure come l’imposizione di norme che, come accade per l’autonomia regionale differenziata, rispondono al tentativo di spaccare ulteriormente il Paese. No, non mi riferisco al premier Giorgia Meloni che più che governare nell’interesse del Paese è costretta a tenere a bada gli esponenti della coalizione che le hanno consentito di sedere al Governo. Non passa giorno, infatti, che non ci sia qualcuno della maggioranza che non tenti di mettere il bastone tra le ruote alla pur decisionista di palazzo Chigi. Sia che si chiami Berlusconi o Salvini o La Russa, quest’ultimo con le sue sortite malinconiche del tempo che fu.
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E’ trascorso poco tempo, eppure come sembrano lontani i mesi in cui Mario Draghi teneva, con prestigio e autorevolezza, le redini del governo del Paese. Certo, qualche errore lo ha pure fatto, ma la sua leadership era indiscutibile. L’Italia contava in Europa e nel mondo con la guida dell’ex leader della Bce. Sicuramente il pollaio dei partiti non riusciva a beccarlo. Oggi, purtroppo, si è tornati alla guerra tra bande, per quanto Meloni cerchi di calmare gli animi. Berlusconi, più di una volta, ha dimostrato insofferenza nei confronti della leader, come Salvini che cavalcando la riforma dell’Autonomia, sotto braccio di Calderoli, non accetta la frenata del capo del governo. Per dirla in breve, è già tempo di scommettere sulla durata dell’esecutivo.
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Certo, le fibrillazioni non riguardano solo il centrodestra o pezzi di politica come i renziani, con Calenda al seguito, che non hanno ancora deciso il loro futuro. Le scelte ondivaghe di Italia viva e Azione non danno certezza della necessaria stabilità del governo. Meloni ha dalla sua parte la crisi del centrosinistra che non riesce a trovare una propria identità e si barcamena tra vecchie logiche di vecchia politica. Un centrosinistra che è allo sbando e si avvita sugli errori commessi senza avere la capacità di uscire fuori dal tunnel. Letta, indiscusso galantuomo, osserva il suo cadavere politico e da pessimo pescatore non sa che pesci prendere. In campo c’è Bonaccini che interpreta il ruolo di un centrosinistra in difesa degli errori del passato, tessendo alleanze che sanno di strategie elettorali senza indicare un futuro. E poi non è molto attento ai giovani e al consenso pulito. Un esempio clamoroso è il suo atteggiamento nei confronti del Mezzogiorno. Solo in ritardo ha condannato Calderoli nel suo viaggio elettorale nel Sud. E che dire poi dell’al – leanza con chi detiene nel Mezzogiorno il potere clientelare. Che cosa è, se non questo, l’alleanza con il governatore della Campania, Vincenzo De Luca, che gli ha messo alle costole il figlio Piero? Di questo passo il futuro è incerto, soprattutto per quelle famiglie alle prese con le bollette e la povertà che aumenta sempre di più.